Libro d’Oro del Patriziato Mediceo di Firenze

Elenco storico dei Casati viventi o estinti dal 1750 ai tempi attuali

PAGINA IN COSTRUZIONE

Questa edizione aggiornata dello storico Libro d’Oro della Nobiltà Toscana Medicea del 1750 contiene la descrizione delle “Provanze di Nobiltà” contenute nei fondi della “Deputazione sopra la Nobiltà e Cittadinanza” che si trovano presso l’ Archivio di Stato di Firenze e presso l’Archivio segreto della Casa Granducale Medicea di Toscana.

La descrizione delle “provanze” dell’archivio di Stato di Firenze è interamente tratta dal volume di Marcella Aglietti, Le tre nobiltà. La legislazione nobiliare del Granducato di Toscana (1750) tra Magistrature civiche, Ordine di Santo Stefano e Diplomi del Principe, Pisa, ETS, 2000.

CASATI STORICI

VAI ALLA LETTERA

A / B / C / D / E / F / G/ H / I / L / M / N / O / P / Q / R / S / T / U / V / X / Y / Z

(LETTERA-A)

ACCIAIUOLI– (13 maggio 1751). Marchese Antonio Francesco Acciaiuoli Toriglioni e conte Diacinto Acciaioli de Vasconcellos (portoghese). Motuproprio granducale di conferimento del titolo di marchese del 1701. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. [VIII, 1].486.

(486) : Prime residenze attestate nel 1460, ma squittinati per la Maggiore dal 1524 e descritti nei libri d’oro a cominciare da quella data. Si allega un decreto del Magistrato Supremo dove il conte Diacinto (cavaliere di Cristo e figlio di Giacinto Acciaioli de Sa Vasconcellos, vivente con la propria famiglia nel città del Funcial, nell’isola di Madera) era riconosciuto di un ramo della stessa famiglia del senatore Antonio Francesco. Il titolo di marchese del comparente Antonio Francesco era stato conferito al padre con motuproprio del 22 luglio 1701.

ALAMANNI – (10 maggio 1751). Cavalier Giovanni Innocenzio. Ammessi a principiare dal 1488 per la residenza di un ascendente nel numero dei priori487. Ci sono numerosi membri della famiglia attestati con il titolo di cavaliere, ma non si allega alcuna fede di vestizione, quindi non è stato possibile precisare a quale Ordine appartenessero [I, 1].

(487): In realtà, nella documentazione presentata si attestano residenze nelle pubbliche magistrature almeno a partire dal 1448. Un fratello del comparente, Federigo Alamanni, era vescovo di Pistoia e Prato.

ALAMANNI – (27 dicembre 1751). Marchese Vincenzio Maria488. Ammissione a partire dalla residenza nel priorato nel 1530. Si ricorda un cavaliere di Malta [I, 2].

(488): Si conferma il titolo di marchese, provato da più documenti e confermato da due motupropri granducali (il primo di Giangastone Medici conferito al comparente, l’altro di Francesco Stefano riconfermato nel 1743 al figlio ).

ALBERTI – (19 aprile 1751). Cavaliere conte Vincenzo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche attestate dal 1511, ma la famiglia viene descritta a partire dal priorato del 1522 [V, 1].

ALBIZZI – (24 maggio 1751). Marchese priore Luca Antonio. Diploma di Ferdinando II del 1639 conferente il marchesato di Castelnuovo Val di Cecina. Vi sono dei cavalieri stefaniani, ma non si presentano i documenti di apprensione d’abito. Il casato aveva ottenuto il priorato almeno dal 1426, ma si descrive a partire da Antonio, scrutinato tra gli idonei a risedere nel 1524 [XII, 1].

ALBIZZI – (10 maggio 1751). Francesco, alfiere Domenico e Ferdinando. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche489 [XII, 2].

(489): Si descrive il casato a partire dal 1547, con Niccolò, che in quell’anno descrisse il suo patrimonio familiare ai registri della Decima. Si attestano fedi di residenze pubbliche fin dal 1284.

ALBIZZI – (20 settembre 1751). Rinaldo, auditore di Pisa, e i fratelli. Ammessi in virtù del gonfalonierato goduto nel 1442490 [XII, 3].

(490): Descritti alla classe a partire da Luca, gonfaloniere nel 1442, ma si attesta un primo gonfalonierato nel 1393.

ALBIZZI – (29 novembre 1782). Giuseppe Pietro di Giuseppe Carlo. Famiglia dimorante a Marsiglia. Ammessi come ramo collaterale della già iscritta casata omonima fiorentina491 [XII, 4].

(491): Si ricordava un ascendente, tale Lando, riseduto tra i priori nel 1358, fondatore della cappella di San Niccolò in San Pier Maggiore di Firenze e del monastero e chiesa di Santa Maria delle Campora, poi unita alla badia di Firenze.

ALDANA – (10 maggio 1752). Antonio Francesco e Domenico Jacopo. Il riconoscimento dello status patrizio è dato in virtù di un rescritto ove il granduca Francesco I garantiva che la casata era nobile spagnola492 e quindi meritevole di ottenere l’abito cavalleresco stefaniano per giustizia [XII, 5].

492 Una licenza speciale fu rilasciata da Giulio Rucellai perché i documenti spagnoli allegati considerati validi come titolo di prova.

ALDOBRANDINI – (5 ottobre 1752). Giovanni Francesco e figli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche attestate dal 1390, ma si inizia la descrizione a partire da Brunetto, riseduto priore nel 1461 [XII, 6].

ALESSANDRI – (18 ottobre 1752). Cavaliere Cosimo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1511 ed iscrizione al libro della Decima dal 1534. Presenze negli Ordini di S. Stefano e Malta493 [XII, 7].

493 Gli abiti cavallereschi risultano soltanto nell’albero genealogico, con le date di apprensione del 1676 e del 1688. Nel fascicolo compare una memoria, aggiunta nel 1845, dalla quale risulta come questa famiglia sia consorte di quella degli Albizi, ovvero di discendere da uno stipite comune, divisosi intorno al 1370 con Alessandro e Bartolomeo figli di Niccolaio degli Albizi, i quali vollero chiamarsi degli Alessandri, persuasi a ciò da Vieri Guadagni, e rinunciando alla loro consorteria originaria.

ALESSANDRI – (18 ottobre 1782). Simone Gaetano. Descritti a partire da Guglielmo, riseduto priore dal 1515 [XII, 8].

ALLI MACCARANI – (4 maggio e 12 giugno 1802). Marchese Giuseppe e fratelli. Famiglia originaria di Roma, discende da Giovan Stefano di Pietro, paggio del duca Alessandro Medici, poi vestito cavaliere dell’Ordine di S. Stefano e fatto cittadino fiorentino dal 1546494. Presenze anche nell’Ordine di Malta [LXXI, 1].

494 Chiesero grazia di essere rimessi «in buon giorno» perché «gli individui di questa famiglia sono stati per lungo corso di anni impiegati fuori di Toscana e perciò pare loro ammissibile che non abbiano saputo le leggi ed ordini già pubblicati». Intercesse per loro il senatore del Benino. Si allegavano anche fedi del godimento di numerose residenze e cariche prestigiose godute fuori del granducato.

ALMENI – (14 giugno 1751). Gaetano Giuseppe, perugino domiciliato a Firenze e cavaliere stefaniano per giustizia [XII, 10].

ALMENI – (18 dicembre 1752). Cavaliere Vincenzo. Ammesso per giustizia nell’Ordine stefaniano e descritto nella classe del patriziato in virtù di un diploma del 1566 del granduca Cosimo I dove era indicato come nobile perugino e cavaliere [XII, 9].

ALTOVITI – (18 ottobre 1751). Cavaliere stefaniano Giovanni Battista e cavaliere gerosolimitano Flamminio495. Si produce a titolo di prova solo l’apprensione d’abito per giustizia dell’Ordine di S. Stefano [VIII, 2].

495 Il ramo di Flamminio ha la propria arme inquartata con quella della famiglia Avila, di origine spagnola, a seguito di un minorasco lasciato ai suoi antenati da Pietropaolo Avila.

ALTOVITI – (18 ottobre 1751). In un unico fascicolo si hanno cinque comparenti per altrettanti rami del casato: il marchese Luigi (con diploma granducale di conferimento del titolo marchionale), Giovan Battista di Giuseppe, Alessandro, senatore cavaliere Guglielmo, Giovanni Battista. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche496 [VIII, 3].

496 Per la precisione: il ramo dell’avvocato senatore cavaliere Guglielmo, che dimostra l’esercizio delle magistrature pubbliche per la Maggiore dal 1403 e del priorato dal 1412, è descritto nei registri della nobiltà a partire dal 1525; il ramo del marchese Luigi si fregiava di un avo cavaliere di Santiago, di un privilegio dell’imperatore Ferdinando II conferente l’onore di aggiungere due aquile allo stemma oltre all’ammissione del padre del comparente nel numero dei gentiluomini di camera di Cosimo III nel 1717 ed alle residenze nella pubbliche magistrature per la Maggiore; il ramo del cavaliere Giovanni Battista di Piero veniva descritto alla classe del patriziato a partire dal 1491 in virtù delle sue residenze. Anche il ramo di Alessandro veniva descritto dal 1491, seppur contasse una prima residenza nel 1410.

AMBROGI – (2 giugno 1790). Diego e Francesco. La famiglia risultava matricolata in una delle 7 Arti maggiori, ma aveva avuto solo residenze per la Minore fin dai tempi della Repubblica, si ammette perciò a norma dell’articolo IX dell’istruzione allegata alla legge del 1750, purché giustificassero la parentela con nobili e il possesso di beni tali da potersi permettere un trattamento decoroso [LXV, 1].

DELL’ANCISA – (24 maggio 1751). Cavaliere Antonio Francesco. Presenze nell’Ordine stefaniano, indicate nell’albero genealogico allegato. Attestano residenze nelle maggiori magistrature dal 1417, ma si inizia la loro descrizione a partire da Piero, squittinato nel 1524 [XII, 11].

ANICHINI – (7 luglio 1790). Cesare. Un ascendente del comparente era stato squittinato per il priorato nel 1433, ci si richiama all’articolo IX dell’istruzione allegata alla legge del 1750 [LXV, 2].

ANSALDI – (24 dicembre 1759). Cavaliere stefaniano per giustizia, Baldassarre Orazio, ammesso in virtù dell’abito [XII, 12].

ANTINORI – (15 marzo 1751). Quattro comparenti rappresentanti di rami distinti: cavalier Amerigo Antinori Calderini, priore Niccolò, Ludovico e cavalier Antonio Domenico. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche (priorato e gonfalonierato per giustizia). Presenze negli Ordini di Malta e di S. Stefano497 [I, 3].

497 Le quattro famiglie Antinori vengono descritte al patriziato senza che il decreto della deputazione precisi in virtù di quale titolo o a partire da quale data. Dai documenti allegati risulta una certa varietà: il ramo del cavalier Amerigo Antinori Calderini, per il quale compare il figlio Gaetano, attesta la prima residenza tra i priori nel 1392; il ramo di Niccolò, per il quale si presenta il senatore cavalier priore Vincenzio, inizia la propria descrizione dal 1469 con documenti estratti dai libri delle Decime; il ramo di Ludovico e Donato, come quello di Antonio Domenico cominciano le loro prove dal 1498. Peraltro, nell’albero genealogico allegato, raffigurante lo stipite comune a tre di queste famiglie e principiante con Francesco, si attesta una prima residenza nel priorato nel 1351

ARDIMANNI – (24 dicembre 1759). Ardimanno, tenente del Reggimento di Romagna. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche498 [VIII, 4]

498 Fede che Neri di Ardimanno da Cetina Vecchia, ascendente del comparente, nel 1311 fu condannato come ghibellino insieme ai propri figli. Altra fede attestante come nel 1345 Ardimanno di Neri dette mallevadoria al comune di Firenze come «magnate». Dal 1393 il casato si era trasferito a Figline. Attestato del possesso di giuspadronato della chiesa di S. Stefano a Cetina Vecchia e di una cappella nella chiesa di San Francesco a Figline. Infine, una componente della

ARRIGHETTI – (17 maggio 1751). Conte Giovanni Filippo, conte cavaliere stefaniano Giulio e fratelli. Fede di Cosimo III del 1694 con cui si conferisce il titolo di conte. Presenze nell’Ordine stefaniano. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1524 (priorato) [VIII, 5].

ARRIGHETTI –(24 maggio 1751). Cavaliere Onofrio. Iscritto in virtù dell’ammissione per giustizia all’Ordine di S. Stefano [V, 2].

ARRIGHI – (21 giugno 1751). Alamanno del senatore Alamanno, Giovanni Battista di Domenico, Arrigo di Niccolò. Descritti dal 1521, quando furono squittinati per risiedere nelle maggiori magistrature499 [XII, 13].

499 Si attestano matrimoni contratti con alcune famiglie di Milano, Roma e Novara, quali gli Arrigoni, gli Alessi, i Tettoni ed i Vigilanti. Famiglia residente a Roma.

DEGLI ASINI – (22 febbraio 1751). Cavaliere Giovanni Battista. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche attestate dal 1522, ma la descrizione inizia con la residenza del 1529 [V, 3].

ATTAVANTI – (29 marzo 1751). Pandolfo Maria Leone. Descritto alla classe dal 1534, in virtù delle sue residenze per la Maggiore [VIII, 6].

(LETTERA-B)

DA BAGNANO – (22 marzo 1751). Francesco e Guido, fratelli, e loro figli. Il decreto del Peruzzi accoglie la domanda in virtù delle residenze nelle maggiori magistrature pubbliche, mentre in una nota scritta dal Rucellai, controfirmata anche dagli altri membri della deputazione, Ricasoli, Antinori e Tornaquinci, si riconosce piuttosto quale titolo di nobiltà una sentenza ottenuta in contraddittorio nel 1634, ricadendo nel paragrafo V delle istruzioni alla legge del 1750, oltre che per l’aver sempre mantenuto i requisiti dei parentadi nobili e delle idonee facoltà finanziarie500 [I, 4].

500 La sentenza alla quale si fa riferimento, era stata proferita in contraddittorio giudizio dal Magistrato Supremo di Firenze, il 26 gennaio 1634, tra Giovanni e Francesco Antonio di Simone da Semifonte (popolo di S. Stefano a Albagnano) da una parte, e Cosimo di Bastiano Gangalandi dall’altra. Quest’ultimo pretendeva di discendere dalla stessa famiglia da Bagnano dei primi, ma non riuscì a provarlo, mentre nel corso del processo Giovanni e Francesco Antonio certificarono la loro diretta successione da un fratello di Guido di Dando da Bagnano, riseduto tra i priori nel 1345.

BAGNESI BELLINCINI – (19 aprile 1751). Marchese Francesco. Ammissione per giustizia all’Ordine di S. Stefano di un cugino del comparente; investitura del marchesato di Sernese, nel territorio di Modena 501 [V, 4].

501 In realtà la famiglia era Bellincini, ma chiamata Bagnesi per varie disposizioni testamentarie, come quella del senatore Giuliano di Simone Bagnesi del 1635, che lasciava tutti i suoi beni purché i Bellincini assumessero il suo nome e l’arme e fissassero il proprio domicilio a Firenze. Il documento stilato dal segretario della deputazione, Peruzzi, sosteneva come, in considerazione dell’ammissione per giustizia di questo casato all’Ordine stefaniano, si sarebbe potuto concedergli la classe del patriziato, se non avesse creato perplessità il fatto che i Bellincini, originari di Modena, si fossero stanziati a Firenze solo dal 1618. Lettera patente del granduca Cosimo III ove il comparente era nominato col titolo di marchese.

BAGNESI BELLINCINI – (11 febbraio 1805). Marchese Luigi. Prova la discendenza dallo stipite comune di Francesco Bagnesi, già ammesso al patriziato molti anni prima [V, 4 bis].

BALDESE (o DI BALDESE) – (10 giugno 1753). Zanobi. Presenze nell’Ordine stefaniano. Il titolo con cui si pretendeva di avere diritto all’iscrizione al patriziato, cioè l’esercizio della carica di notaio dei priori di Firenze502, fu oggetto di dibattito da parte dei deputati [XII, 14].

502 Raffaello era stato notaio della Signoria nel 1531 e poi proconsolo nel 1523 e 1521. Il figlio, Giovan Battista, risultava matricolato all’Arte della seta. Si allega una patente del principe cardinale Francesco Maria Medici ove un fratello del comparente, Piero Baldesi, è nominato «gentiluomo familiare».

BALDOCCI – (22 aprile 1754). Nunziato. L’ascrizione al patriziato è concessa in virtù dell’esercizio della carica di pennoniere del 1451, data dalla quale si inizia la loro descrizione503 [I, 5].

503Si allegava ai documenti anche una copia della legge del 1432 dove si disponevano le regole di conferimento dell’incarico di pennoniere. Una fede dell’archivista del Comune fiorentino attestava come, in vari Estimi dal 1371 al 1427, membri di questa famiglia fossero stati descritti come «nobili di contado», ma il Peruzzi escluse esplicitamente a quest’attestazione ogni valore di prova di nobiltà generosa. Il casato viene ammesso solo nel 1754, nonostante avesse presentato le sue provanze già da alcuni anni, perché la deputazione aveva smarrito la documentazione relativa. Copia di diploma dei Conservatori di Roma dato ad un omonimo del comparente, ragioniere generale e collaterale del papa in Dalmazia nel 1660, dove è ammesso alla nobiltà romana per giustizia. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1412 (priorato)504 [VIII, 7].

BALDOVINETTI – (31 gennaio 1752). Due rami: Giovanni Baldovinetti di Poggio e figli; Margherita di Luca di Cristofano, vedova del conte Vincenzio Gabellotti di Faenza. Presenze nell’Ordine di S. Stefano. Una donna della famiglia, nel 1707, aveva conseguito una dote di 70 ducati da parte della Compagnia di Gesù come fanciulla gentildonna.

(LETTERA-B)

(Barb-Bart)

BARBOLANI – (31 luglio 1752). Francesco e Bartolommeo, figli del conte cavaliere Francesco, ed Ottavio del conte Muzio, conti del feudo nobile di Montauto. Ammessi per giustizia nell’Ordine stefaniano. Si ammettono al patriziato per il possesso feudale della contea di Montauto505 [I, 6].

BARBOLANI da MONTAUTO – (27 agosto 1753). Marchesi Torquato di Marzio e Ferdinando di Giulio, conti e titolari del feudo di Montevitozzo come da diploma del granduca Ferdinando II nel 1634 [XII, 15].

BARDELLI – (13 aprile 1772). Niccolò. Presenze nell’Ordine di S. Stefano. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche506 [VIII, 8].

BARDI – (14 giugno 1751). Tre distinte famiglie, rappresentate rispettivamente da Orazio, Vincenzio e il cavalier Carlo Maria, conti di Vernio. Ammessi al patriziato come titolari della contea di Vernio, come da privilegio del 1332 dell’imperatore Carlo IV (che nel 1355 li riconobbe anche quali suoi vicari), poi confermato in perpetuo dall’imperatore Leopoldo nel 1697. Il casato compariva anche descritto tra le famiglie «grandi e magnate» della Repubblica fiorentina. Presenze nell’Ordine di Malta e di S. Stefano [I, 7].

BARDI – (15 gennaio 1759). Cavaliere stefaniano Ulisse. Fede pubblica dalla quale risultava come la famiglia fosse stata privata dei diritti politici ai tempi della Repubblica fiorentina, perché riconosciuta «grande e magnate», ma poi reintegrata nel 1444, anno dal quale si iniziava perciò la descrizione nei libri d’oro. Numerose le presenze nell’Ordine stefaniano a partire dalla fondazione di commenda nel 1568 ed in modo continuato per le tre generazioni antecedenti il comparente [I , 8-11507].

BARDUCCI CHIERICHINI – (29 marzo 1751). Ottavio e fratelli. Si ammettono a partire dal 1534, quando Alberto di Giorgio, ascendente del comparente, aveva fatto iscrivere nei registri della Decima i beni della propria famiglia. Fedi dell’esercizio delle prime magistrature pubbliche508 [I, 12].

BARONCINI – (22 novembre 1751). Francesco Vincenzo. Nonostante avessero sempre goduto di magistrature pubbliche minori e ricordassero un ascendente speziale, si ammettono dopo la prova della continuità della parentela con nobili509 [XII, 16].

BARTOLI – (14 giugno 1751). Due rami discendenti da uno stesso stipite: Cosimo e i figli; Pietro con i figli e i fratelli. La deputazione ascrive il primo a partire dalla residenza nel priorato del 1531, il secondo dal 1534, quando si registrarono i beni alla Decima [VIII, 9].

NOTE 4

504 Giovanni Baldovinetti aveva inquartato la propria arme con quella dei di Poggio conformemente alla volontà testamentaria di Jacopo di Poggio.

505 Questa era una famiglia di nobiltà feudale a tutti gli effetti, come veniva dimostrato anche dalle copie che si allegavano di alcuni patti stabiliti nel 1470 tra i figli di Lazzero Barbolani, il primo investito del feudo, e la Repubblica fiorentina, patti ancora osservati all’epoca della presentazione dei documenti. Si iscrissero a Firenze, nonostante risiedessero vicino ad Arezzo, per essere in possesso della cittadinanza fiorentina dal 1385, mentre non avevano mai avuto quella aretina.

506 Si chiede il patriziato senese e, avendo la cittadinanza fiorentina, anche quello di Firenze. Si allega la «grazia della remissione in buon giorno» del 20 luglio 1769, rescritto sovrano che concedeva al comparente di presentarsi per esser descritto nei libri d’oro nonostante fossero scaduti i termini. Fede che l’ascendente Nuti di Jacopo, calzolaio, aveva riseduto nelle supreme cariche pubbliche di Siena nel 1372 e nel 1378, ma non si poté provare la continuità dei godimenti pubblici. Il trasferimento a Firenze si supponeva essere avvenuto intorno al 1430. Si avanzano due perplessità da parte della deputazione: la prima riguardava la prova della diretta discendenza, la seconda il mantenimento della qualità nobile da parte dei membri della famiglia. Inoltre non si attestava il trasferimento della famiglia da Siena (di dove era originaria e dove non aveva dimostrato la propria nobiltà) a Firenze.

507 Nell’ins.8 di questa filza si allega un primo gruppo di provanze, compresa una sentenza di un processo avvenuto in contraddittorio di fronte al Magistrato Supremo nel 1558, contro il ramo di Orazio Bardi, per dimostrare la discendenza del ramo del comparente dallo stesso stipite di quello di Orazio. Nell’ins.9 si raccolgono lettere scritte dai vari membri di altri rami della casata Bardi, datate variamente ed indirizzate ai familiari del comparente. Nell’ins.10 si ripresenta nuovamente la documentazione attestante la presunta nobiltà, mentre nell’ultimo inserto si conservano lettere diverse ritenute significative per giustificare il proprio status.

508 Le prime residenze attestate erano quelle di priore nel 1421 e di gonfaloniere nel 1430.

509 Da una fede allegata risultava un antenato di Francesco Vincenzo, tale Filippo, designato nel 1524 per risiedere come priore per la Minore, sebbene risultasse anche matricolato all’Arte della seta fin dal 1507. Ne conseguiva che, essendo l’Arte della seta una delle maggiori, Filippo avrebbe potuto anche essere estratto per la Maggiore. Così pure i suoi antenati, i quali, «benché nel priorista e negli squittinii siano descritti coll’affisso di spadaro, non esercitavano però tale arte, ma bensì erano speziali», come si giustificava dalla fede della matricola dell’Arte dei medici e speziali prodotta. Per altro, un fratello di un ascendente del comparente era stato effettivamente squittinato per la Maggiore nel 1391, quindi l’ipotesi si presentava verosimile.

(LETTERA-B)

(Bart-Bons)

  • BARTOLI FILIPPI – (10 giugno 1753). Benedetto e fratelli. Ammessi per esser stati scrutinati per la carica di priore del 1524 [V, 5].
  • BARTOLINI BALDELLI – (27 dicembre 1751). Luigi, cavaliere stefaniano per giustizia. Ammesso grazie all’abito stefaniano proprio e del padre [XII, 17].
  • BARTOLINI SALIMBENI – (24 maggio 1751). Marchesi Alamanno e fratelli. Diploma di conferimento del titolo di marchese concesso per meriti militari dall’imperatore Carlo VI nel 1713 e confermato da Giangastone Medici nel 1730. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche [VIII, 10].
  • BARTOLOMMEI – (10 maggio 1751). Marchese Mattia Girolamo. Diploma di investitura del marchesato di Monte Giovi, nello Stato di Siena. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. Presenze nell’Ordine di S. Stefano per giustizia510 [I, 13].
  • BECCANUGI AMMANNATI – (12 gennaio 1807). Ammannato e canonico Aldobrandino, fratelli ed abitanti a Castiglion Fiorentino. Si dissero discendenti da un primo antenato riseduto tra i priori della Repubblica fiorentina dal 1290 al 1307511 [LXXV, 2].
  • BENCIVENNI già PELLI – (23 agosto 1751). Piero e Giuseppe. Sebbene si attestassero solo residenze per le magistrature minori, si ammisero per aver provato la continuata parentela con famiglie nobili [XVI, 11].
  • BENVENUTI – (14 giugno 1751). Lorenzo e Andrea. Residenze nel numero dei priori dal 1371, ma la descrizione inizia con lo squittinio per essere estratti ad una carica civica delle maggiori del 1524 [V, 6].
  • BERARDI – (10 maggio 1751). Niccolò e fratelli, avvocato Giovan Domenico, cugini discendenti da uno stesso stipite divisosi nel 1643. Si descrivono a partire dalla residenza nel priorato del 1521 [VIII, 11].
  • BEROARDI DRAGOMANNI – (16 aprile 1790). Cavaliere Pietro Enea, già vestito dell’abito stefaniano. Residenze nelle maggiori magistrature civiche di Perugia [LXV, 4].
  • BETTI – (23 marzo 1768). Jacopo e figli. Famiglia originaria di Montevarchi. La domanda era stata presentata nel dicembre del 1751, ma era rimasta sospesa per insufficienza delle prove addotte. Fedi delle residenze per l’Arte dei mercatanti512 [XII, 18].
  • BILIOTTI – (10 maggio 1791). Giuseppe e Lorenzo. Ammissione in virtù delle residenze nelle maggiori magistrature pubbliche513 [I, 14].
  • BINI – (29 marzo 1751). Giuseppe e fratelli, e il cugino Filippo. I due rami sono ammessi in virtù delle residenze nelle maggiori magistrature pubbliche514 [I, 15].
  • BOCCHINERI – (27 dicembre 1751). Cavaliere stefaniano Domenico. Ammessi grazie alla vestizione per giustizia dell’abito stefaniano nel 1682 di un ascendente del comparente [V, 7].
  • BONSI – (24 maggio 1751). Giovanni Battista e Francesco di Lorenzo. Ammessi facendo appello all’articolo IX dell’istruzione della legge del 1750, perché nonostante si non potesse dimostrare

NOTE 5

510 La prima residenza attestata è nel priorato per la Minore dal 1523. Il fatto che la famiglia avesse sempre riseduto per la Minore, fece esigere al Rucellai, conformemente all’articolo nono dell’istruzione alla legge del 1750, che si presentassero le giustificazioni esaminate dal Consiglio dell’Ordine stefaniano e con le quali si era ottenuto l’abito per giustizia nel 1685. Si temeva infatti che al tempo fosse stato dispensato dal fare le provanze in virtù di una qualche grazia magistrale. A questa richiesta si unirono anche Guadagni e Tornaquinci, rivolgendosi segretamente a Pisa per avere le necessarie informazioni. In effetti, sulla base dei documenti raccolti, il cavaliere Girolamo Bartolommei era stato ammesso a seguito di un rescritto magistrale che rimediava ad alcune irregolarità emerse nel processo.

511 In realtà, a ragione delle perplessità della deputazione circa l’attendibilità di questa ressidenza, testimoniata da una sentenza del Magistrato Supremo (giudicata poi non attendibile) e la solidità patrimoniale della famiglia, i due postulanti avevano inizialmente ottenuto solo la descrizione nei registri della nobiltà per grazia (decreto del 16 dicembre 1805). Si era a questo punto presentata una nuova istanza per il patriziato fiorentino, visto il desiderio altrimenti irrealizzabile di essere ammessi per giustizia nell’Ordine stefaniano.

512 Tra i numerosi documenti presentati, si inclusero: la fede del processo per le provanze di nobiltà del quarto Betti ammesso nell’Ordine di Malta, la nomina per la carica di guardia alle porte della città nei sospetti di peste, le ammissioni ai Casini dei nobili. Risultarono alcuni antenati notai dei Signori, ma i deputati non sollevarono alcuna obiezione al riguardo. Un ramo della famiglia si era trasferito in Alicante e un altro ad Ancona. Si allegarono fedi autentiche delle monacazioni in conventi per damigelle di numerose fanciulle della famiglia.

513 La descrizione nei libri d’oro inizia a partire da Francesco, riseduto priore nel 1518, ma la prima residenza attestata dai documenti risaliva al 1421, per il priorato, e al 1427, per il gonfalonierato. I documenti estratti dai registri della Decima iniziavano dal 1427.

514 Le residenze nelle pubbliche magistrature risultano aver avuto inizio nel 1352, con un priorato, ma la descrizione nella classe del patriziato comincia dal comune antenato Bernardo, proprietario dei beni iscritti ai registri della Decima del 1533. È da notare come si ricordino avi vissuti nella seconda metà del XV secolo definiti come «mercatori».

l’esercizio di una delle pubbliche magistrature maggiori, si contavano cinque generazioni di parentadi nobili, si provò il possesso di sostanze sufficienti al rango nobile 515 [V, 8].

(LETTERA-B)

(Bons-Brun)

  • BONSI – (19 luglio 1751). Carlo e fratelli. Ammissione in virtù delle residenze nelle maggiori magistrature pubbliche516 [I, 16].
  • BONSI SUCCHIELLI – (19 aprile 1751). Cavaliere Giuseppe e figli. L’ammissione è concessa per l’ingresso per giustizia nell’Ordine stefaniano del 1570 e 1571517 [V, 9].
  • BORGHERINI – (5 gennaio 1752). Giovanni Vincenzio e Ferdinando. Si descrive alla classe a partire dalla residenza nel priorato del 1531 [VIII, 12].
  • DEL BORGO – (25 agosto 1781). Balì Donato e Luigi. Si allega la fede dell’ammissione nell’Ordine stefaniano per fondazione di commenda. La famiglia aveva riseduto solo in magistrature per la Minore dal 1524 (come beneficiati), ma aveva provato la continuità dei parentadi nobili per 200 anni e quindi era stata giudicata ammissibile in virtù dell’articolo IX dell’istruzione della legge per la nobiltà. Si espressero alcune perplessità da parte dei deputati, ma il granduca aveva già dato il proprio parere favorevole per il riconoscimento di questa casata e quindi si soprassedé [VIII, 13].
  • BOURBON DEL MONTE – (19 dicembre 1757). Marchese Giovanni Andrea. Già ammessi al patriziato aretino con decreto del 28 febbraio 1757 [XXXIX, 2], alle cui provanze si rimanda518 [XV, 17].
  • BOVARELLI – (23 marzo 1768). Francesco Andrea. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche fin dal 1437 [I, 19].
  • BRACCI – (19 luglio 1751). Onofrio di Antonio. La famiglia, sempre riseduta per la Minore, risultava squittinata per la Maggiore nel 1531 con Noferi e descritta alla classe del patriziato da questa data [XII, 19].
  • BRACCI CAMBINI – (14 giugno 1751). Giovanni Battista e Antonio. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche almeno dal 1515, ma descritti a partire da Giovanni Battista, priore nel 1523519 [XII, 20].
  • BRANDOLINI – (27 gennaio 1777). Flaminio. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche attestate con un primo priorato nel 1393 e un gonfalonierato nel 1425520 [V, 10].
  • BROCCARDI SCHELMI – (19 settembre 1768). Documentazione presentata da cinque distinti rami: Giuseppe di Arcangelo, Niccolao e Ascanio, Giuseppe di Francesco, Pier Andrea di Jacopo, Giuseppe di Domenico. Casata originaria della Valdinievole. Dimostra di essere stata annoverata tra le famiglie dei Magnati e dei ghibellini confinati nel 1268. Allega sentenza del Magistrato Supremo pronunciata nel 1745 di «dichiarazione e reassunzione di nobiltà fiorentina» con giudizio in contraddittorio521 [V, 11].
  • BRUNACCINI – (9 settembre 1771). Cavaliere Jacopo Giovacchino di Francesco. Famiglia ammessa all’Ordine stefaniano per fondazione di commenda nel 1693, il 31 dicembre 1751 era stata descritta alla nobiltà in virtù dell’abito cavalleresco. In un secondo momento il comparente, in aumento di quanto già presentato, potendo in virtù di nuovi documenti dimostrare i godimenti dei primi onori della Repubblica di oltre 200 anni, chiedeva la descrizione al patriziato522 [XII, 21-22].

NOTE 6

515 I comparenti sono pupilli, si presentano perciò con il consenso dei loro tutori.

516 Si inizia la descrizione da Ugolino, scrutinato per risedere per la Maggiore nel 1524, mentre una fede attestava una precedente residenza nel priorato nel 1455.

517 Si attestano anche residenze pubbliche, ma solo per la Minore dal 1471.

518 Si allega solo l’iscrizione alla Decima fiorentina.

519 Si allega particola del testamento del 1611 di Diamante Cambini, vedova di Raffaello dalla Fonte, in base alle cui disposizioni questa famiglia veniva vincolata ad assumere il cognome Cambini.

520 Nel dicembre 1773 si ottiene grazia di potersi presentare all’esame della deputazione, nonostante siano scaduti i termini,. Si ricorre alle deposizioni di alcune persone tra le più distinte della Pieve di S. Stefano e dichiaranti come la famiglia del comparente fosse sempre vissuta civilmente e delle proprie entrate. Si allega inoltre l’elenco di altri godimenti pubblici esercitati e delle proprie sostanze. Tra l’altro, si attesta di aver partecipato al gioco del calcio nella piazza di Santa Croce di Firenze. I deputati però, dietro suggerimento del Rucellai, tennero sospesa la pratica di ammissione in attesa di prove inconfutabili in grado di dimostrare che, nonostante la ristrettezza del patrimonio, i Brandolini non avessero mai praticato Arti deroganti la nobiltà o contratto matrimoni con famiglie plebee.

521 Si dichiarano discendenti dall’antica famiglia Schelmi, i cui membri erano stati esiliati da Firenze per motivi politici, condannati come ghibellini e magnati della città, quindi trasferitisi a Montecatini nella Valdinievole. La deputazione avanzò qualche dubbio riguardo alla discendenza genealogica dall’antico casato Schelmi.

522 La deputazione non dubitava né della discendenza né della continuata nobiltà, ma il dubbio restava sulla qualità dei godimenti e, in particolare, relativamente all’ufficio di pennoniere o alfiere del gonfaloniere. Tra i documenti prodotti per il patriziato, si trovano: l’immatricolazione all’Arte della lana nel 1339, l’elezione a castellano di Bibbiena (compresa in quel tempo nella classe delle castellanie maggiori) nel 1394, l’elezione nel 1431 alla carica di pennoniere dei gonfalonieri, un avo descritto nel 1616 fra i capaci a risiedere tra i consoli dell’Arte del cambio.)

(LETTERA-B-C)

(Buon-Cacc)

  • BUONACCORSI – (17 luglio 1752). Ottaviano e fratelli. Nonostante non avesse mai goduto dell’esercizio delle maggiori magistrature, il casato viene riconosciuto idoneo grazie alle provanze dei parentadi nobili compiute in occasione dell’ammissione per giustizia all’Ordine di S. Stefano di un Frescobaldi, che aveva questa famiglia come uno dei suoi quarti523 [XII, 23].
  • BUONAMICI– (5 settembre 1789). Francesco, famiglia già ammessa all’Ordine stefaniano [LXIV, 2].
  • BUONAPARTE – (21 marzo 1757). Attilio e fratelli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1282. Presenze nell’Ordine di S. Stefano524 [I, 17].
  • BUONAPARTE FRANCHINI – (19 dicembre 1757). Si presenta ai deputati il capitano Niccolò Buonaparte Franchini, ma domanda l’ascrizione per il figlio Giovanni Filippo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. Ammissione all’Ordine di S. Stefano per giustizia come quarto e, ad iniziare da questo momento, descritto alla classe del patriziato525 [I, 18].
  • BUONDELMONTI – (5 ottobre 1751). Cavaliere Francesco Maria. Si descrivono a partire dallo squittinio per risedere come priori del 1531526 [VIII, 14].
  • DEL BUONO LEALI – (1° marzo 1773). Filippo Saverio e i figli, Tommaso e Paolo di Antonio. Presenze nell’Ordine di S. Stefano. In mancanza del decreto ufficiale della deputazione, si hanno due documenti: nel primo, del Morelli, si riconosce l’idoneità della famiglia in virtù di una sentenza ultracentenaria data in contraddittorio; nell’altro, di Martelli, si dubita della discendenza dei comparenti dal ramo che ricevette la sentenza e si ammettono piuttosto per le loro residenze nelle magistrature pubbliche527 [VIII, 15].
  • BUINI – (24 maggio 1751). Cavaliere Andrea. Descrizione a partire dal comparente, ammesso all’Ordine di S. Stefano per giustizia [V, 12].
  • BUONACCORSI PERINI – (19 luglio 1751). Lorenzo e figli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1534. Ammissione di un quarto del comparente all’Ordine stefaniano per giustizia. Si descrive al patriziato appellandosi all’articolo nono della legge e a partire dal primo ascendente descritto alla Decima nel 1534528 [V, 13].
  • BUONARROTI – (17 maggio 1751). Leonardo e figli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1515, ma si descrive a partire dalla data di registrazione alla Decima dei beni familiari, nel 1534529 [V, 14].
  • CACCINI – (4 marzo 1754). Ugolino Antonio e Domenico Maria, figli del cavalier Giovanni Vincenzio del Vernaccia ed Ortensia Caccini. Si inizia la descrizione a partire dalla residenza del 1457530 [V, 15].

NOTE 7

523 Squittinati per risedere per la Minore fin dal 1524, epoca dalla quale si inizia la descrizione.

524 Questa famiglia, residente a San Miniato, non fu in grado di provare l’esercizio ininterrotto delle cariche pubbliche. Dichiarò di discendere da antichi cittadini fiorentini della fazione ghibellina e per ciò stesso, esclusa dall’esercizio del potere politico, al pari di quanti dichiarati «grandi e magnati». Ci si appellava quindi all’articolo decimo dell’istruzione della legge del 1750, in base al quale l’esser stata classificata famiglia magnatizia veniva considerato sufficiente per venir esentati dalla prova delle residenze. La deputazione sollevò qualche obiezione quanto alla pretesa di dimostrare l’appartenenza alla fazione ghibellina per il solo fatto che un proprio ascendente, Giovanni di Guido, nel 1282 fosse stato mallevadore per i ghibellini in occasione della pace col cardinale Latino.

525 Il cognome Franchini era stato aggiunto a quello Buonaparte in virtù di un decreto del Magistrato delle Decime del

19 maggio 1751, a seguito di una disposizione testamentaria. Una breve informazione riferisce come i Buonaparte, originari del popolo di san Niccolò d’Oltrarno (gonfalone della Scala), fossero stati banditi da Firenze nel 1268 insieme agli altri ghibellini. Si allega una fede estratta dagli Statuti vecchi della città di San Miniato dalla quale risultava che un progenitore dei comparenti, tale Moccio, fosse riseduto per giustizia nel 1337. Altra fede estratta dai registri pubblici di San Miniato attesta l’inventario dei beni confiscati a Leonardo di Antonio di Moccio, riconosciuto ribelle del comune di Firenze e, per quell’accusa, fatto decapitare. Ci si dichiara discendenti dallo stesso stipite dell’altra famiglia Buonaparte precedentemente ammessa.

526 La famiglia era stata ammessa al Popolo di Firenze nel 1393 e squittinata per risedere nel 1411.

527 Erano infatti nobili cittadini originari di Firenze, ma stabilitisi da lungo tempo a Pisa. Già ammessi nella nobiltà pisana, chiesero l’iscrizione ai registri del patriziato fiorentino facendo riferimento a una sentenza data in contraddittorio del Magistrato Supremo il 24 marzo 1622 (e si riconosceva a un ascendente del comparente la qualifica di nobile cittadino fiorentino come discendente da Paolo del Buono, riseduto nel 1345 gonfaloniere per giustizia di Firenze). Ottengono grazia dei primi di ottobre 1771 per potersi registrare nonostante il ritardo nel presentarsi ai deputati. Patrimonio opulento.

528 La famiglia Buonaccorsi aveva inquartato l’arme e il cognome Perini conformandosi alla volontà testamentaria espressa da Carlo Perini nel 1698. La famiglia risultava squittinata sempre per la Minore. Fedi del godimento del Magistrato dei sedici gonfalonieri di Campiglia.

529 Residenze nelle pubbliche magistrature civiche attestate dal 1343.

(LETTERA-C)

(Camb-Capp)

  • CAMBI – (24 maggio 1751). Niccolò Francesco di Bernardo. La famiglia viene ammessa in virtù delle residenze nelle maggiori magistrature pubbliche esercitate a partire dal 1530 con Lorenzo, priore531 [IX, 1].
  • CAMBI – (14 giugno 1751). Balì Bartolomeo e fratelli. Ammessi in quanto la famiglia compare tra gli squittinati per risiedere nelle maggiori magistrature pubbliche fin dal 1524. Presenze nell’Ordine stefaniano e gerosolimitano [XIII, 1].
  • CAMBRAY DE DIGNY – (la data del decreto non c’è, ma l’ascrizione è del 1803). Tre fratelli: Francesco, consigliere delle finanze e direttore dei conti della reale depositeria; Giuseppe, ministro principale dell’azienda del tabacco; canonico Cesare. Si invocò l’articolo XXI della legge in quanto famiglia del primo ordine di nobiltà in Francia e titolare di un feudo nobile nella provincia di Piccardia dal 1530. La famiglia Digny discendeva da Giovanni di Ugo de Cambray, ammesso al rango di scudiero dal 1530 [LXXII, 4].
  • CANACCI – (9 settembre 1771). Giovanni Cosimo. Si attesta un primo squittinato per risiedere nel priorato nel 1531. I deputati non si opposero alla grazia dell’iscrizione, nonostante il casato fosse decaduto economicamente ed avesse contratto parentele con donne non nobili, solo perché il comparente è ormai anziano e senza discendenza maschile532 [IX, 2].
  • CANIGIANI – (15 febbraio 1751). Ippolito e fratello. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche533 [II, 1].
  • CANTUCCI – (23 aprile 1754). Maria Maddalena di Domenico. Casato ammesso perché compreso fra gli scrutinati per l’elezione per le maggiori magistrature cittadine dal 1533 e perché, come quarto di un cavaliere, era stato giustificato e accolto nell’Ordine di Malta [XIII, 2].
  • CAPPONI – (5 gennaio 1752). Cavalier Francesco del marchese Alessandro. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. Presenze nell’Ordine di S. Stefano per giustizia. Memoriale con rescritto del granduca Ferdinando II del 15 gennaio 1641 con il quale si confermavano al marchese Scipione i privilegi e le preminenze spettantigli come marchese di Magliano534 [II, 2].
  • CAPPONI – (16 aprile 1753). Marchesa Eleonora Capponi, vedova del marchese Francesco Pier Maria Capponi. Descritta per aver dimostrato le residenze nelle maggiori magistrature pubbliche del proprio casato a partire dal 1526 [II, 3].
  • CAPPONI – (22 febbraio 1752). Priore marchese Ruberto, col fratello e i figli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche535 [II, 3 secondo].
  • CAPPONI – (29 marzo 1751). Marchese Vincenzio e i figli Scipione e Lorenzo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. Presenze nell’Ordine di S. Stefano536 [II, 4].

NOTE 8

530 Ugolino Antonio e Domenico del Vernaccia ottengono nell’ottobre 1753 grazia di richiedere il riconoscimento del patriziato della famiglia paterna della madre Ortensia Caccini, all’esplicito scopo di favorire l’eventuale ammissione dei propri discendenti in qualche Ordine nobile o cavalleresco. Si attesta un priorato nel 1444.

531 In realtà, il primo riseduto in una pubblica magistratura era stato Giovanni di Domenico, priore nel 1437; poi c’era stato Lorenzo, bisnipote di Giovanni, priore per ben cinque volte a partire dal 1514. L’albero genealogico attestava la registrazione nei libri della Decima e del catasto a partire dal 1427. Si iniziò invece la descrizione della famiglia solo dal 1530, forse perché quel Lorenzo era il primo del quale si era attestata la fede del battesimo, nel 1473.

532 Il comparente aveva richiesto l’ascrizione anche per i due figli Giustino Gaetano e Vincenzio, ma questi erano morti rispettivamente nel 1753 e nel 1759, cioè prima che la domanda fosse esaminata dalla deputazione. Il patriziato venne concesso, nonostante le irregolarità, per permettere al Canacci di maritare le figlie con maggior onorevolezza.

533 Si attesta una prima residenza nel priorato nel 1412, ma si ricorda l’esercizio di incarichi pubblici di primo grado fin dal 1282.

534 Si inizia la descrizione della famiglia dal gonfalonierato di Niccolò del 1526. La corona marchionale è riconosciuta a partire dal marchese Alessandro di Scipione, primo della famiglia ufficialmente nominato con tale titolo dal granduca di Toscana: così almeno in un documento conservato presso l’archivio dell’Ordine di S. Stefano nel quale Cosimo III ordinava il conferimento di una rendita annuale per un figlio del detto marchese Alessandro. Quanto alla prima residenza pubblica, nell’albero genealogico il primo attestato risulta essere del 1350, mentre dalla fede del priorista si risale solo al 1526. Si allega diploma di Cosimo III Medici del novembre 1693 dove si nominava il padre del comparente col titolo di marchese. Bolla del 18 dicembre 1642 di papa Urbano VIII per il conferimento a Scipione Cappone, già cavaliere di Malta, del marchesato di Mompeo, terra posta sotto la diocesi di Sabina, nello Stato pontificio.

535 Si ricorda come in occasione del matrimonio tra il marchese Ruberto e Lucrezia del conte Ugo della Gherardesca, nel giugno 1729, la sposa avesse ottenuto una dote di novemilacinquecento scudi, di cui mille in donativi ed abiti ricevuti in dono dall’Elettrice palatina, titolo di grande onore.

(LETTERA-C)

(Capp-Cava)

  • CAPPONI – (15 febbraio 1751). Conte Ferdinando e Cammillo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. Dubbia presenza nell’Ordine di S. Stefano537 [II, 5].
  • CAPPONI – (19 aprile 1751). Gino di Pier Ruberto. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche538 [II, 6].
  • CARCHERELLI – (1° marzo 1751). Niccolò e figli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1524, anno dal quale si inizia la descrizione [V, 15 bis].
  • CARDUCCI – (15 gennaio 1753). Tommaso di Simone chiese di essere ammesso insieme alla sorella. La famiglia è descritta a partire dallo squittinio di Simone per il priorato nel 1513539 [IX, 3].
  • CARDUCCI – (10 maggio 1751). Cavaliere Pier Antonio di Girolamo. Presenze nell’Ordine di S. Stefano per giustizia [IX, 4].
  • CARDUCCI – (17 dicembre 1779). Don Francesco Xaverio. Famiglia residente a Taranto, ma originaria di Firenze. Presenze nell’Ordine gerosolimitano da oltre 150 anni e in quello stefaniano. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche (priorato nel 1437). La deputazione chiese una ulteriore produzione di provanze per meglio verificare la discendenza dalla casata fiorentina [IX, 5].
  • CARDUCCI – (15 febbraio 1784). Giovanni Battista e fratelli, residenti a Taranto. Presenze nell’Ordine di Malta. Come ramo collegato ai Carducci (già ammessi nel 1779) ci si limitava a richiamarsi a quanto già provato540 [IX, 6].
  • CARNESECCHI – (14 giugno 1751). Ridolfo di Francesco. Squittinati per risedere nelle maggiori magistrature nel 1524. Presenze nell’Ordine stefaniano, ma non per giustizia [XIII, 3].
  • CASTELLANI – (15 marzo 1751). Niccolò Giuseppe e Bartolomeo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1326 [V, 16].
  • CASTELLANI – (13 aprile 1751). Spinello. La deputazione avanza dubbi sull’idoneità di questa famiglia, decaduta sia dal punto di vista economico che per la qualità dei matrimoni contratti, ma decide comunque di registrarla a partire dalla residenza del 1415541 [V, 17].
  • DA CASTIGLIONE – (20 settembre 1751). Cavaliere Dante e figli. Ammissione per giustizia nell’Ordine stefaniano, titolo assunto dalla deputazione a fondamento della registrazione alla classe del patriziato, iniziando del primo vestito, nel 1613 [IX, 7].
  • CATTANI CAVALCANTI – (24 maggio 1751). Giovanni Francesco e Vincenzo. Squittinati per esercitare le maggiori magistrature nel 1524 [XIII, 4].
  • CAVALLONI già LORINI – (9 settembre 1771). Giovanni Pellegrino e fratelli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche542 [II, 7].

NOTE 9

536 Fede di esercizio del priorato dal 1524. Si allega lettera della segreteria di Cosimo III che attestava il titolo di marchese.

537 Il decreto espresso dalla deputazione non lasciava dubbi sul prestigio di questa famiglia: «Questa famiglia non ha bisogno d’esami». Peraltro, il titolo di conte rendeva questo ramo particolarmente distinto rispetto agli altri Capponi, quindi il Rucellai suggeriva di iniziare la registrazione dal primo che aveva ricevuto tale onorificenza. Fede estratta dal priorista documentava una prima residenza nel 1523. Si allega diploma di conte conferito da Cosimo III.

538 Si attestano residenze a partire da un gonfaloniere nel 1396. Si ripeteva, come per il ramo precedente: «Questa non è famiglia ch’abbia bisogno d’esame». Si suggeriva comunque di aggiungere i nomi delle sorelle sposate e di giustificare in modo migliore il titolo di marchese, altrimenti inaccettabile. Privilegio di marchese conferito dal duca di Mantova Ferdinando Carlo nel 1707, ma giudicato di dubbia ammissibilità dalla deputazione.

539 La prima imborsazione per una della maggiori magistrature era attestata nel 1433. La ricostruzione genealogica estratta dai libri della Decima risaliva al 1498.

540 Questo ramo, trasferitosi a Taranto stabilmente già dalla fine del XV secolo, proprio in questi anni spostò la sua residenza a Firenze conformemente alle disposizioni stabilite in un fidecommesso lasciato da un collaterale della casata capostipite Carducci rimasta in Toscana.

541 Si attesta un primo squittinio per risiedere per la Maggiore nel 1411.

542 Fede dello scrutinio per la Maggiore dell’antenato Bonaiuto di Lorino nel 1391, risultante descritto anche nelle matricole dell’Arte della seta come farsettarius o ritagliator, riseduto nel priorato come «beneficiato» nel 1531. In realtà non si produsse alcuna prova certa di residenza, ma la deputazione valutò comunque di procedere secondo «la regola del verosimile e del più probabile» e di presumere la veridicità di quanto attestato. In una fede estratta dalla gabella dei contratti di matrimonio, Benedetto di Niccolò Cavalloni era detto «nobile fiorentino». Fedi estratte dai registri delle doti esistenti nell’archivio della Compagnia di Gesù attestavano come la sorella dei comparenti e altre due ascendenti avessero ottenuto doti come dame e gentildonne. Una informazione aggiunta posteriormente dichiarava come il padre dei comparenti, Ignazio, avesse continuato ad esercitare l’impiego di cancelliere del Magistrato dei Conservatori di legge di Firenze, nonostante la legge del 1750 l’avesse proibita come professione incompatibile con la nobiltà, seppur non pregiudicasse in alcun modo lo status dei figli.

(LETTERA-C)

(Cecc-Cors)

  1. CECCHINI – (13 aprile 1772). Vittoria e sorelle, del cavaliere Bianco. Chiese ed ottenne il passaggio alla classe del patriziato da quella della nobiltà, nella quale era già stata ammessa con decreto del 22 aprile 1754 per l’ammissione nell’Ordine stefaniano di un proprio ascendente nel 1571 [V, 18].
  2. CELLESI – (12 gennaio 1807). Francesco e Giuseppe, fratelli e figli del senatore cavalier Giovan Battista, appartenenti a un casato già ammesso al patriziato pistoiese [XXXIII, 15], ottennero anche il fiorentino [LXXV, 1].
  3. DA CEPPERELLO – (24 maggio 1751). Cavaliere Giuseppe. Il comparente vanta l’abito per giustizia dell’Ordine di S. Stefano e ricorda l’ammissione del proprio casato come quarto nella Religione gerosolimitana. La ragione dell’ascrizione nel libro d’oro è l’abito stefaniano, ma la descrizione della famiglia inizia con una residenza nel numero dei priori del 1528543 [V, 19].
  4. CERCHI – (22 marzo 1751). Alessandro. Ammissione alla classe in virtù dell’abito stefaniano per giustizia del comparente544 [V, 20].
  5. CERRETANI – (19 aprile 1751). Senatore Filippo. Ammissione per giustizia nell’Ordine stefaniano [XIII, 5].
  6. CICCIAPORCI – (5 gennaio 1752). Filippo e figli. Ingresso nell’Ordine gerosolimitano per giustizia del padre dei comparenti, dal quale si inizia la descrizione [II, 8].
  7. COCCHI DONATI – (24 maggio 1751). Cavaliere Cosimo e Donato. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. Presenze nell’Ordine stefaniano. Si inizia la descrizione della famiglia dalla residenza nel priorato del 1524545 [V, 21].
  8. COMPAGNI – (11 ottobre 1751). Senatore cavaliere Braccio. Cavalieri stefaniani per giustizia e nell’Ordine di Malta. Ammessi alla classe dal 1509, primo anno di residenza nel priorato546 [IX, 8].
  9. COMPAGNI – (19 luglio 1751). Giovanni di Tommaso. Casato iscritto nonostante attesti quale unica prova l’ammissione all’Ordine stefaniano per giustizia del figlio di una sorella del comparente [IX, 9].
  10. COPPOLI – (5 gennaio 1752). Marchese cavaliere Francesco. L’ascrizione alla classe patrizia è in virtù delle presenze nell’Ordine stefaniano (si inizia la descrizione dal primo cavaliere della famiglia, vestito nel 1607) e del possesso del feudo di Monte Fellonico547 [II, 9].
  11. CORBOLI – (28 luglio 1760). Lorenzo e fratelli. Ritenuti idonei grazie all’ammissione per giustizia nell’Ordine di S. Stefano548 [XIII, 6].
  12. CORSI – (1° marzo 1751). Marchese Giovanni e Cosimo. Diploma conferito da Filippo IV di Spagna nel 1623 con cui investiva il casato del titolo di marchese e del feudo di Caiazzo. Presenze per giustizia nell’Ordine di Malta. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche attestate dal 1422, ma si inizia la descrizione da Jacopo di Simone, uno dei dodici Buonuomini nel 1508 [V, 22].
  13. CORSINI – (24 maggio 1751). Principe don Bartolomeo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. Titolo di marchese conferito nel 1644 dal granduca Ferdinando II con la titolarità del feudo composto dai due castelli di Laiatico e di Orciatico549 [II, 10].

543 La madre del comparente è Anna del cavaliere Giovanni di Dio Narvaez y Saavedra, di origini spagnole. Si hanno residenze per la Minore fin dal 1496.

544 Il comparente non presenta altre provanze all’infuori della fede di apprensione dell’abito. Al che si apre una piccola discussione tra il Rucellai e l’Antinori per decidere se la descrizione debba iniziare dal comparente o piuttosto risalire indietro per duecento anni.

545 Quanto all’arme e casato dei da Fortuna, si dice usato dal cavaliere Cosimo Sangalletti da Fortuna e Donato Maria, suo fratello, figli di Piero di Guglielmo Cocchi Donati, in ordine al testamento del senatore Giovanni da Fortuna del 22 maggio 1690. Analogamente, il casato ed arme Sangalletti erano state adottate dal comparente per la successione nella commenda omonima, vacata per morte del cavaliere Guglielmo Sangalletti. Si attesta una prima residenza nel priorato nel 1405 e nel gonfalonierato nel 1434.

546 In realtà, avevano esercitato il gonfalonierato fin dal 1471.

547 Titolarità della cittadinanza fiorentina per rescritto del 29 aprile 1641. Numerose presenze nell’Ordine di S. Stefano come cavalieri per giustizia e anche come gran contestabile. Diploma granducale del 1618 di infeudazione del marchesato di Monte Fellonico, nello Stato di Siena, poi rinnovato in epoche successive fino al 1738. Fede pubblica attestante l’appartenenza al patriziato di Perugia.

548 Si allegava anche un diploma di Cosimo II del 1615, dove si dichiarava la nobiltà di due ascendendenti del comparente nel conferire loro una commenda stefaniana, ma la valutazione di questo documento suscitò notevoli perplessità da parte della deputazione.

549 Diploma del 1739 di Filippo V di Spagna di conferimento del titolo di «grande di Spagna di prima classe». Diploma di patrizio veneziano conferito dal Maggior Consiglio del 23 luglio 1730. Prima residenza nel gonfalonierato nel 1368

  1. COSI DEL VOLLIA – (20 marzo 1790). Cavaliere Giovanni Vincenzio. La deputazione aveva inizialmente negato l’ammissione in mancanza della prova delle residenze continuate per il tempo prescritto dei duecento anni [LXV, 6].
  2. COVONI – (23 agosto 1751). Capitano Orazio. Si descriva alla classe ad iniziare dalla residenza nel priorato del 1500550 [V, 23].
  3. COVONI – (19 aprile 1751). Cavaliere priore Francesco. Ammesso in virtù dell’apprensione d’abito stefaniano per giustizia [V, 24].
  4. COVONI BETTONI MILANESI – (1° aprile 1751). Giovanni Battista e fratelli. Ammessi in virtù dell’apprensione d’abito stefaniano per giustizia551 [V, 25].
  5. DANDI – (29 settembre 1782). Fausto e Fortunato, conti di Gangalandi. Famiglia oriunda, dimorante a Roma, ma si riuscì a provare la discendenza da un avo fiorentino, nobile. Si allegavano poi attestati della nobiltà romana e del possesso di un congruo patrimonio [XIII, 7].
  6. DANIELLI DA BAGNANO già MASETTI – (18 aprile 1791). La famiglia era già ammessa all’Ordine di S. Stefano [LXV, 3].
  7. DATI SQUARCIALUPI – (15 marzo 1751). Francesco. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche552 [II, 11].
  8. DAVANZATI – (31 gennaio 1752). Carlo e fratelli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche fin dal 1403, ma si inizia la descrizione da colui che risedé nel priorato nel 1432 553 [IX, 10].
  9. DAZZI – (Non è attestata la data dell’ammissione). Paolo. Prima residenza negli uffici pubblici: carica di priorato nel 1485 [IX, 9].
  10. DE LA TOUR EN WOIVRE – (7 dicembre 1795). Conte cavalier Carlo, auditore dell’Ordine stefaniano, ciambellano cesareo regio, capitano dei granatieri del Reggimento delle guardie e generale maggiore e capitano tenente della guardia nobile toscana, lorenese. Casato riconosciuto nobile in virtù dell’abito stefaniano ed atteso il dispaccio di naturalizzazione dei sudditi lorenesi del 1751 [LXIX, 14].
  11. DONNINI – (9 agosto 1789). Cavaliere Francesco. Residenze nel gonfalonierato dal 1355 [LXIV, 4].
  12. DINI – (30 agosto 1751). Giuseppe e figli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche attestate dal 1436, ma la descrizione della famiglia inizia con il priorato esercitato nel 1529 [V, 26].
  13. DONI – (27 settembre 1751). Pietro. La descrizione della famiglia inizia dal 1531, con il primo squittinato per la Maggiore attestato [V, 27].
  14. FABRINI– (10 luglio 1788). Luigi di Pierfrancesco. Famiglia della località di Vicchio. Residenze nel priorato554 [LXIII, 12].
  15. FABRINI dagli ARANCI – (17 ottobre 1766). Antonio e Giovanni. Si chiede l’ammissione per grazia sovrana, allegando un diploma di nobiltà del 1755, la cittadinanza fiorentina, la prova di possedere sufficienti sostanze per mantenere il rango patrizio, le parentele sempre «oneste» (seppur non sempre nobili), l’esercizio di impieghi militari e di toga [XIII, 8].
  16. FALCONIERI – (17 maggio 1786). Francesco. Residenze nel priorato. L’ammissione all’Ordine gerosolimitano del 1589, non si ritenne rilevante ai fini delle provanze di nobiltà perché in quel periodo

«non vi era nella Religione di Malta quel rigore introdotto posteriormente nell’esame della prova» [LXIII, 1].

e nel 1390 come legum doctor. Significativo quanto espresso nel decreto del Peruzzi: «Credo molto onorifica a questa patria l’ammissione alla classe di patriziato di tale cospicua famiglia», principiando la descrizione da Filippo, risultato squittinato per risiedere in un ufficio pubblico per la Maggiore nel 1524.

550 Il comparente chiede anche la descrizione delle sorelle, una monaca nel monastero di Santa Verdiana, l’altra moglie del cavalier Altoviti. Il primo riseduto per la Maggiore risulta essere Simone Corsi, setaiolo, nel 1422.

551 Bettoni e Milanesi sono due famiglie ormai estinte delle quali questo ramo della famiglia Covoni aveva assunto l’obbligo di portare arme, nome e di succedere nei loro fidecommissi. La deputazione fece chiedere maggiori informazioni relativamente all’assegnazione di questi due benefici.

552 Prima residenza in un ufficio pubblico attestata: priorato nel 1425 e gonfalonierato nel 1428 (il soggetto designato era definito in questi documenti come setaiolo). La descrizione nei libri d’oro prese ad inizio la residenza del 1524. Non è chiara la ragione dell’adozione dell’altro cognome Squarcialupi.

553 La descrizione dell’albero genealogico, estratto dai libri della Decima, risaliva fino al 1427. La corona ducale esibita dalla famiglia sopra lo stemma araldico non venne riconosciuta, ritenendo che il comparente non avesse provato sufficientemente l’effettivo conferimento del titolo.

554 Il primo squittinio per la Maggiore attestato è del 1433 con Fabbrino di Stefano di ser Piero, setaiolo. Si allega anche una sentenza del Magistrato Supremo del 1735 dove l’avo paterno del comparente è riconosciuto nobile come discendente di un riseduto nel 1475.

  1. FALCUCCI – (24 dicembre 1759). Niccolò e figli. Casato ammesso nell’Ordine stefaniano come quarto di un cavaliere per giustizia. Residenze nelle maggiori magistrature fiorentine [XIII, 9].
  2. FANTONI – (10 gennaio 1759). Conte Lodovico. Diploma del duca di Mantova del 1704 in cui gli si conferiva il titolo di conte e si riconosceva patrizio di Mantova e Monferrato. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche555 [VI, 1].
  3. FEDERIGHI – (1° marzo 1751). Conte Pier Giovanni. Diploma del conferimento del titolo di conte palatino da parte dell’imperatore Alberto II. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche [IX, 11].
  4. FEDERIGHI – (24 gennaio 1752). Francesco Maria di Francesco. Ammesso perché un quarto del comparente era stato ammesso nell’Ordine di S. Stefano per giustizia [IX, 12].
  5. FEDERIGHI – (24 gennaio 1752). Senatore Giovanni Francesco. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1513 (priorato) [IX, 13].
  6. FEDERIGHI – (13 febbraio 1784). Carlo di Francesco, abitante a Lecce, nel Regno di Napoli. Ammesso perché dimostra lo stipite comune dai Federighi già precedentemente iscritti [IX, 14].
  7. FEDINI – (17 ottobre 1766). Francesco e fratelli. Un quarto del comparente è ammesso nell’Ordine di

S. Stefano e in virtù di questa qualità la famiglia, seppur con qualche riserva, fu ritenuta idonea556 [IX, 15].

  1. FERONI – (9 settembre 1754). Marchese Francesco e fratello. Si allega diploma del 1738 che confermava l’investitura del feudo di Bellavista col titolo marchionale, concesso fin nel 1696 da Cosimo

III. La famiglia è iscritta al patriziato sia perché già ammessa per giustizia nell’Ordine stefaniano (anche se a seguito di una dichiarazione a suo favore del gran maestro), che tramite una speciale grazia pronunciata specificamente a questo fine dal granduca [IX, 16].

  1. FIASCHI – (22 aprile 1754). Giuliano Giuseppe. Ammessi per aver riseduto nelle maggiori magistrature dal 1380 [XIII, 10].
  2. DA FILICAIA – (23 aprile 1751). Giovanni Battista. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1465 (priorato) [XIII, 11].
  3. DA FILICAIA – (24 gennaio 1752). Cavaliere Scipione di Giovanni Vincenzo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1493. Presenze nell’Ordine stefaniano segnalate nell’albero genealogico, ma non allegate come provanze di nobiltà [XIII, 12].
  4. DELLA FIORAIA – (15 dicembre 1755). Cavalieri Alessandro Cino e Alessandro Maria. Presenze per giustizia nell’Ordine stefaniano. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche fiorentine dal 1524 [VI, 2].
  5. FIRIDOLFI DA PANZANO – (30 agosto 1751). Ridolfo e fratello. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1524 [VI, 3].
  6. FORTI – (15 aprile 1759). Pietro Gaetano. Già ammessi al patriziato di Volterra il 19 dicembre 1757 [XLII, 14], rimettono a quanto già prodotto, allegando in più solo la prova del possesso della cittadinanza fiorentina e dell’iscrizione alla Decima [II, 12].
  7. FRANCESCHI – (27 dicembre 1751). Barone Andrea e fratelli. Motivo dell’ascrizione è l’ammissione per giustizia all’Ordine di S. Stefano [IX, 17].
  8. FRANZESI – (25 marzo 1754). Filippo e fratelli. Fede pubblica attestante l’iscrizione del casato nel libro degli Statuti di Firenze tra i «grandi, magnati e potenti». Si dimostra la presenza tra gli squittinati per l’esercizio del priorato. Godimento dei primi onori a San Gimignano, dove risiedevano dal 1468557

555 In realtà, la famiglia non concluse le provanze conformemente ai termini della legge sulla nobiltà, per l’impossibilità di addurre documenti ufficiali e pubblici che attestassero quanto richiesto. La deputazione decise comunque di sorvolare sull’irregolarità per l’indiscussa nobiltà della casata. Lodovico Fantoni, alla fine di marzo 1756, aveva anche ottenuto grazia di poter presentare le proprie giustificazioni in ritardo rispetto ai termini stabiliti dalla legge «attesa l’assenza dalla città di Firenze e la difficoltà di ritrovare i documenti necessari» (ASFi, Deputazione, 114, ins.68).

556 Il decreto della deputazione che ammise questa famiglia merita un piccolo cenno. L’apprensione d’abito di S. Stefano, alla quale ci si appella per riconoscere l’idoneità del casato, era in realtà quella del quarto materno del cavalier Ridolfi, ammesso per giustizia nel 1737. Ma la madre del Ridolfi, pur essendo una Fedini, era di un ramo collaterale rispetto al comparente e anche piuttosto lontano. Non solo: la deputazione sembra ignorare ulteriori irregolarità, nonostante queste fossero state persino ammesse dalla famiglia, che ne aveva chiesto la grazia. Oltre ad aver contratto un matrimonio con una donna non nobile, gli ascendenti del comparente avevano goduto solo di cariche pubbliche minori. Ci si era allora appellati al paragrafo IX della legge del 1750, chiedendone una particolare interpretazione.

557 La deputazione avanza dubbi a proposito delle reali possibilità patrimoniali di questa famiglia, così come per l’aver contratto umili parentadi. Si ricordava anche la vendita che questa famiglia fece alla Repubblica fiorentina nel 1361 del castello di Staggia, del quale erano Signori «con il mero e misto imperio», per la somma di diciottomila fiorini d’oro. Nonostante la vendita, la famiglia conservava ancora il jus padronato su alcuni benefici ecclesiastici.

[IX, 18].

  1. FRESCOBALDI – (24 maggio 1751). Marchese Francesco. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. Diploma imperiale del 1741 d’investitura quale primo feudatario del marchesato di Capraia558 [II, 13].
  2. FRESCOBALDI – (3 maggio 1751). Cavaliere capitano Pier Matteo e figli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. Presenze nell’Ordine stefaniano per giustizia559 [II, 14].
  3. FRESCOBALDI – (23 marzo 1754). Monsignore Paolo Antonio. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche560 [II, 15].
  4. GABBURRI – (4 marzo 1765). Odoardo e fratelli. La famiglia si trovava squittinata per risiedere nelle magistrature minori dal 1524 e si appella all’articolo IX dell’istruzione della legge sulla nobiltà, dimostrando di essersi sempre imparentata nobilmente e di aver mantenuto un tenore di vita idoneo per aspirare al patriziato561 [II, 16].
  5. GABELLOTTI – (7 giugno 1797). Conte Antonio Maria, nobile patrizio di Faenza, ma figlio di una patrizia fiorentina (Margherita Baldovinetti). In realtà ci si limitò a concedergli la naturalizzazione toscana.
  6. GAETANI – (manca la data del decreto di ammissione, ma i documenti furono presentati alla deputazione per l’esame il 5 settembre 1751). Senatore Francesco. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche e fede di abilitazione agli onori di Firenze del 1405 [X, 1].
  7. GALILEI – (21 giugno 1751). Antonio e figli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1445562 [VI, 4].
  8. GALLI – (manca la data del decreto di ammissione, ma probabilmente è del 24 dicembre 1759). Conti Angiolo e Roberto. Residenze nelle magistrature pubbliche per la Minore, ma si dimostra la continuità dei matrimoni nobili563 [X, 2 e 4].
  9. GALLI – (manca la data del decreto di ammissione, i documenti furono presentati alla deputazione per l’esame nell’ottobre 1751). Domenico. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche564 [X, 3].
  10. GANUCCI – (25 luglio 1757). Diacinto e Filippo. Beneficiario di una commenda di grazia dell’Ordine stefaniano, questo casato era originario di Volterra (i deputati infatti proposero di iscriverlo a quel patriziato) ed era stato squittinato solo per le minori magistrature dal 1524 [XIII, 13-15]. Il figlio di Diacinto, cavalier Luigi Ganucci Cancellieri, fu iscritto anche al patriziato di Pistoia (decreto del 17 maggio 1797)565 [LXX, 5].

558 Il primo squittinato per risedere nel priorato era stato Lorenzo di Bartolomeo nel 1531 e da questi si inizia la descrizione nel libro d’oro.

559 Prima residenza attestata in una delle tre maggiori magistrature: nel gennaio – febbraio 1473. La registrazione inizia dal 1527 con Bartolomeo, che in quell’anno iscrisse i propri beni nei libri della Decima. La deputazione suggerì al comparente di accludere anche la descrizione delle figlie, a titolo di maggior completezza.

560 Il comparente chiese ed ottenne grazia di presentare le proprie provanze per la descrizone nei libri d’oro nonostante fosse scaduto il tempo stabilito. Fede di esercizio del priorato fin dal 1473, ad iniziare dal quale si iniziò la descrizione del ramo, risultante per altro discendente dallo stesso stipite già ammesso il 3 maggio 1751.

561 Si registra il battesimo avvenuto in Siviglia, a chiaro segno di rapporti con quella città della famiglia, di Teresa Maria Giuseppa, nata il 30 dicembre 1745 da Giuseppe Maria Gabburri e Isabella Pandolfini. Purtroppo non è stato possibile stabilire esattamente la ragione della presenza di questa famiglia nella città andalusa.

562 Si ammette il casato nonostante il comparente sia in gravi difficoltà economiche, abbia contratto matrimonio con una donna non nobile ed eserciti l’Arte della seta.

563 Si attestano l’esercizio delle cariche di podestà e di priore per la Minore dal 1435 con Jacopo di Gallo, legnaiolo. Il titolo di conte era stato accordato nel 1734 per volontà di Giangastone Medici. Si presenta in un secondo momento un altro inserto contenente ulteriori provanze (la deputazione avanza forti perplessità, perché il Galli che per primo nel 1571 aveva acquisito la cittadinanza fiorentina, era originario di Prato ed era stato lanciaio, si sospettava quindi la perdita della originaria nobiltà per via di quel mestiere assai poco aristocratico): vari diplomi del duca Farnese di Parma del 1727 dai quali risultava come Angiolo Galli, comparente, fosse nominato conte e maggiordomo maggiore degli alloggi ducali; inoltre un diploma di Giovanni Gastone del 12 maggio 1735 e l’esercizio di varie cariche prestigiose. Nel 1663 un membro della famiglia era stato persino alfiere del nobile gioco del calcio sulla piazza di Santa Croce. Si attesta l’appartenenza al patriziato di Roma.

564 Il comparente era stato ammesso all’Accademia dei nobili di Firenze nel febbraio 1699. I primi onori erano stati goduti fin dal 1575.

565 Si allegarono le provanze dei continuati parentadi nobili, ma la deputazione avanzò alcune perplessità sulla correttezza della successione genealogica dichiarata. Per volontà del testamento dello zio materno, il cavalier Girolamo Cancellieri, Luigi aveva preso il nome e contratto l’obbligo di stabilirsi a Pistoia e sposarsi con una nobildonna pistoiese.

  1. GARZONI VENTURI566 – (3 settembre 1804). Marchese Paolo, di Pescia. Si attestano l’antico possesso e l’investitura dei feudi nobili del castello di Vellano e Le Cerbaie (1333), della villa di Castelvecchio (1355) e di altre terre della Valdinievole567 [LXXIII, 7].
  2. GEPPI – (31 gennaio 1751). Cavaliere Giuseppe. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1487 (gonfalonierato). Presente anche come quarto di un cavaliere nell’Ordine di S. Stefano [XIV, 1].
  3. GERINI – (27 dicembre 1751). Marchese Andrea e nipoti. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1502568 [XIV, 2].
  4. DELLA GHERARDESCA – (5 ottobre 1751). Conte cavaliere Guido e figli. Presenze per giustizia nell’Ordine stefaniano [VI, 5].
  5. GHERARDI PICCOLOMINI D’ARAGONA – (10 maggio 1751). Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1529 [VI, 6].
  6. GHERARDINI – (21 febbraio 1752). Fabio Lotaringo. Sono ammessi perché la famiglia era segnalata nei registri della Decima come «magnati» e, in seguito a tale riconoscimento, avevano conseguito il beneficio della popolarità e l’abilitazione all’esercizio degli uffici pubblici, nel 1534 [VI, 7].
  7. GHETTI SINIBALDI -(28 aprile 1792). Questo casato fu successivamente aggiunto al Nelli e ammesso separatamente nei registri del patriziato senza addurre nuove provanze [XV, 19].
  8. GIACOMINI TEBALDUCCI – (manca la data del decreto d’ammissione, i documenti furono presentati alla deputazione per l’esame il 16 giugno 1751). Lorenzo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1528 (priorato) [X, 5].
  9. GIANFIGLIAZZI – (manca la data del decreto d’ammissione, i documenti furono presentati alla deputazione il 13 marzo 1751). Canonico Jacopo e i fratelli Gino e Rinaldo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1467. Presenze nell’Ordine di S. Stefano e nell’Ordine di Christo569 [X, 6].
  10. GIANFIGLIAZZI – (manca la data del decreto d’ammissione, i documenti furono presentati alla deputazione il 4 giugno 1751). Balì Giovan Battista di Orazio. Descritto alla classe patrizia in virtù delle sue residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. Presenze nell’Ordine di S. Stefano e titolari di baliato570 [X, 7].
  11. GIANNI – (23 agosto 1751). Niccolò e figli. Presenze nell’Ordine di Malta per giustizia [II, 17].
  12. GILKENS – (29 agosto 1792). Ernesto, discendente da una famiglia riconosciuta dal 1460 nobile di Gheldria, domiciliato in Toscana da 19 anni e da dieci stabilmente a Firenze [LXVII, 9].
  13. GINORI – (5 gennaio 1757). Senatore marchese conte Carlo e figli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1503571 [XIV, 3].
  14. GINORI – (13 dicembre 1751). Filippo e figli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1495 (gonfalonierato) [XIV, 4].
  15. GINORI – (17 gennaio 1752). Giovanni di Andrea e figli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1471 [XIV, 5].
  16. GIRALDI – (24 maggio 1751). Cavaliere Giovanni. Squittinati per risiedere nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1524 [XIV, 6].
  17. GIROLAMI – (13 dicembre 1751). Balì Pietro Zanobi. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1497 [VI, 8].
  18. GIUGNI – (24 maggio 1751). Marchese priore Niccolò. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1527. Diploma conferente il marchesato di Camporsavoli del 1613 concesso dal granduca Ferdinando II. Titolarità del baliato di Montepulciano nell’Ordine stefaniano dal 1616 [VI, 8 bis].
  19. GIUNTI MODESTI – (29 aprile 1789). Giovan Francesco. Residenze nelle maggiori magistrature

566 In occasione del matrimonio del comparente con Carlotta, figlia adottiva del senatore cavalier Ippolito Venturi, si era contratto l’obbligo di rinnovare quel casato assumendone il cognome ed inquartandone l’arme, oltre che di fissare il proprio domicilio a Firenze.

567 Si accludono anche la titolarità del patronato di due benefici ecclesiastici posti nella cattedrale di Pescia e il diploma conferito dall’imperatore Carlo IV nel 1376 del titolo di «conte del sacro palazzo».

568 Titolo e corona marchionale giustificati con diploma del 1663.

569 La descrizione della famiglia inizia dal 1534, prendendo come riferimento la registrazione dei beni familiari alla Decima.

570 Pubbliche magistrature attestate: priorato nel 1510 e senatoriato nel 1532.

571 Titolo di conte giustificato da decreto granducale del 2 novembre 1737, dove si nominava il comparente consigliere di Stato e di Reggenza, e da decreto di conferma di Maria Teresa Asburgo che lo confermava suo consigliere di Stato. Titolo di marchese giustificato da decreto imperiale del 30 aprile 1750 con cui si nominava consigliere cesareo intimo.

cittadine [LXIV, 9].

  1. GONDI – (21 giugno 1751). Amerigo Antonio e Amerigo Filippo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1527 [VI, 9].
  2. GORI – (21 giugno 1751). Senatore Federigo e figli. Squittinati per risiedere nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1524 [XIV, 7].
  3. GRAZZINI nei BARTOLINI – (14 aprile 1793). Violante Cammilla Cattani, patrizia fiorentina, come madre e tutrice delle figlie Teresa Anna (sposata al cavalier Luigi Bartolini Baldelli) e Maria Caterina, ne chiese l’ascrizione. Si inizia la descrizione da Benedetto, notaio della Signoria di Firenze ed estratto gonfaloniere nel 1461572 [LXVIII, 13].
  4. GRIFONI – (30 agosto 1751). Cavaliere Pietro Gaetano. Ammesso in virtù dell’abito stefaniano ottenuto per giustizia. Si allegavano comunque anche documenti attestanti residenze pubbliche e la cittadinanza fiorentina [VI, 10].
  5. GRIFONI – (30 agosto 1751). Cavaliere Ugolino del cavaliere Cosimo. Famiglia ammessa grazie all’ingresso di un ascendente del comparente nell’Ordine stefaniano per giustizia573 [VI, 11].
  6. GUADAGNI – (17 luglio 1752). Tre rami: Niccolò, marchese di Monte Pescali; Donato, marchese di San Lorino, e figli; senatore cavaliere Filippo. Si attestano presenze nell’Ordine stefaniano e gerosolimitano. Si allegano i diplomi di concessione dei feudi dei marchesati e fedi delle residenze nelle maggiori magistrature dello stipite comune dal 1416 [XIV, 8].
  7. GUASCONI – (18 dicembre 1752). Abate Niccolò di Giovacchino. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1478 (priorato). Presenze nell’Ordine stefaniano [XIV, 9].
  8. GUASCONI – (26 dicembre 1782). Marchese Giovanni e figli. Presenze nell’Ordine di Malta e di S. Stefano per giustizia. L’iscrizione ai registri del patriziato fu in conformità all’articolo XXII della legge del 1750574 [XIV, 10].
  9. GUASCONTI – (12 gennaio 1762). Benedetto e fratelli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche [XIV, 11].
  10. GUICCIARDINI – (3 maggio 1751). Francesco e figli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche575 [II, 18].
  11. GUIDETTI – (13 dicembre 1751). Domenico di Bernardo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche576 [II, 19].
  12. GUIDI – (14 febbraio 1782). Cavalier conte Jacopo. Già ammessi al patriziato volterrano[XLII, 17].
  13. INCONTRI – (20 settembre 1751). Marchese Ferdinando. Già riconosciuto patrizio volterrano [XLII, 18], in seguito promossi alla classe del patriziato. Ammesso grazie alla presenza nell’Ordine stefaniano per giustizia. Titolo di marchese giustificato da diploma di Ferdinando II del 1665, con cui gli si conferiva il feudo dei due castelli di Monteverdi e Canneto [XIV, 12].
  14. LANDI – (9 ottobre 1762). Lorenzo e Francesco. Avevano riseduto solo per magistrature minori, perciò la deputazione sospese la pratica finché non avessero provato la nobiltà dei parentadi contratti [VI, 12].
  15. LANFREDINI nei CORBOLI – (23 marzo 1754). Maria Ottavia. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche577 [II, 20].
  16. LANFRANCHI ROSSI – (24 luglio 1793). Cavalier Curzio Felice. Già patrizi pisani in virtù di un diploma di Cosimo III del 16 agosto 1556 dove si dichiarava la cittadinanza fiorentina di un loro ascendente, ci si appella al paragrafo XI dell’istruzione che riconosceva il patriziato degli antichi cittadini fiorentini [LXVIII, 14].
  17. DE LAUGIER – (19 settembre 1792). Fratelli barone Leopoldo e abate Luigi Gabbriello, originari della Provenza578. Ci si appella al dispaccio del 17 maggio 1751 relativo alla naturalizzazione dei sudditi lorenesi [LXVII, 12].

572 Si attesta la descrizione al Catasto dal 1469. Ammissione all’Accademia dei nobili e al teatro della Pergola.

573 Si ricorda un altro antenato che aveva riseduto per due volte come notaio della Signoria fiorentina.

574 Ramo originario di Palermo, poi trasferitosi a Firenze. Titolo di marchese conferito dal re di Napoli.

575 I primi godimenti pubblici attestati sono del 1416 (priorato) e del 1421 (gonfalonierato). Si inizia la descrizione nella classe del patriziato a partire da Francesco, che nel 1534 aveva registrato i propri beni nei libri della Decima, come si era fatto peraltro fin dal 1427.

576 La prima residenza attestata è del marzo 1456 (nel numero dei priori) di Jacopo, dal quale si inizia la descrizione.

577 Si attestano residenze nel priorato fin dal 1437, ma si inizia la descrizione con Giovanni Battista, priore nel 1520 e nel 1525.

578 Si allega sentenza attestante la nobiltà della Camera dei conti di Nancy.

  1. LENZONI – (manca la data del decreto di ammissione, i documenti furono presentati alla deputazione l’undici settembre 1751). Cavaliere Cammillo e fratello. Riconosciuti in virtù dell’ammissione nell’Ordine stefaniano per giustizia, ma descritti dal 1520 quando un ascendente del comparente risedette nel numero dei priori579 [X, 8].
  2. LIBRI – (22 marzo 1751). Niccolò, con il fratello e i figli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1531 [VI, 13].
  3. LIPPI – (24 maggio 1751). Luca Alberto. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche [II, 21].
  4. LORENZI – (14 aprile 1793). Balì conte Francesco Orlando, figlio del conte Luigi Lorenzi ministro imperiale in Toscana. Ci si appella al paragrafo XXI della legge del 1750 come discendenti dalla nobile famiglia provenzale dei Laurens marchesi di Bruee e di Peyrolles580 [LXVIII, 15].
  5. LUCI – (20 aprile 1761). Senatore cavaliere Emilio. Famiglia originaria di Siena, poi trasferitasi a Colle e da tempo domiciliata a Firenze, chiese e ottenne l’iscrizione al patriziato senese. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1365. Presenza nell’Ordine di S. Stefano per giustizia [XIV, 14].
  6. LUPI – (12 giugno 1802). Francesco Maria e i nipoti Giovan Battista ed Orazio. Residenze nelle maggiori magistrature fin dal 1451581[LXXI, 8].
  7. MACCIAGNINI – (8 maggio 1752). Giuseppe. Casato ammesso nell’Ordine stefaniano come quarto di un cavaliere per giustizia e squittinato per l’estrazione alle maggiori magistrature dal 1524 [XV, 1].
  8. MACIGNI – (19 aprile 1751). Alberto, cavaliere stefaniano per giustizia e riconosciuto idoneo grazie all’abito [XV, 2].
  9. MAGGIO – (10 maggio 1751). Cavalier Filippo e nipoti. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. Presenze nell’Ordine stefaniano per giustizia582 [III, 1].
  10. MALASPINA– (24 dicembre 1759). Marchese Giovanni Francesco di Mulazzo. Si dimostra l’antichissima nobiltà feudale583 [III, 2].

579 Patente imperiale della fine del XVI secolo con la nomina ad ambasciatore di un ascendente. Lettere granducali di diverse epoche che conferivano ancora l’incarico di ambasciatori a membri della famiglia. Patente di Cosimo II con cui si nominava commissario delle galere medicee un avo dei comparenti.

580 Si allega anche un documento del parlamento di Aix en Provence del 1770 attestante il loro stipite comune.

581 Ottennero grazia del 22 luglio 1784 di esser rimessi in buon giorno per fare le prove di loro nobiltà nonostante il ritardo. Provarono la discendenza da Mariotto di Luca, aromatario, che nel 1451 era stato squittinato per una delle Arti maggiori e risedette in uno dei tre maggiori uffici della Repubblica fiorentina. Parentadi nobili, godimento dei primi onori a San Gimignano, dove risiedevano Giovan Battista ed Orazio. Si allegò la matricola di Goro di Jacopo nell’Arte dei medici e speziali, fede del consolato in detta Arte dal 1414. Si chiese ed ottenne la dispensa della prova dell’opulenza del patrimonio, in vigore dal 1794, per essere stati ammessi a far le loro provanze da dieci anni prima che la detta regola venisse introdotta.

582 Si attesta un motuproprio del granduca Cosimo III del 21 novembre 1715 conferente la cittadinanza originaria fiorentina. Questo motuproprio era stato confermato da decreto del Magistrato Supremo del 22 novembre 1715, dove l’auditore Pier Matteo Maggio coi suoi figli furono dichiarati veri ed originari cittadini fiorentini. Attestato della città di Urbino che la famiglia appare descritta tra le patrizie della città. In effetti erano nobili di Urbino, ma Pier Matteo aveva servito per cinquantacinque anni presso la Consulta ed altri uffici del granducato toscano, così Cosimo III, a titolo di gratitudine, lo aveva fregiato della cittadinanza fiorentina. Inoltre, il figlio di Pier Matteo, Filippo Melchiorre Maggio, aveva vestito per giustizia entrando nell’Ordine di S. Stefano come paggio magistrale, mentre il fratello Giovanni Ercole era già cavaliere per giustizia dal 26 marzo 1670. Anche un altro figlio di Pier Matteo, Coriolano, ed i due figli di questo vestirono, tutti per giustizia, rispettivamente nel 1679, nel 1709 e nel 1712. La famiglia venne ammessa proprio in virtù delle presenze nell’Ordine.

583 Il fascicolo raccoglie «copie di documenti collazionati cogli originali per servir di provanze ad una delle branche dell’albero gentilizio della famiglia Malaspina di Mulazzo». Rescritto del 25 agosto 1757 permise al comparente di presentarsi all’esame della deputazione nonostante la scadenza dei termini, giustificando il ritardo con la difficoltà di reperimento della documentazione necessaria. In realtà il fascicolo fu esaminato il 15 luglio 1759. Tra i numerosi documenti allegati, si ricordano: il documento con cui si prova la fondazione dell’abbazia di San Caprasio d’Aulla, dove lo stesso comparente è abate. Investitura dell’imperatore Federico I al marchese Opizzone Malaspina del 29 settembre 1164. Investitura di Morello Malaspina, marchese di Mulazzo, dell’imperatore Carlo VI del 10 giugno 1355. Investitura dell’imperatore Carlo V conferita ad alcuni marchesi Malaspina del 20 agosto 1529. Investiture degli imperatori Ferdinando I nel febbraio 1560 e Massimiliano II nell’ottobre 1574 al marchese Giovanni Cristiano. Investitura del feudo di Rocca Federighi data il 2 novembre 1618 dal granduca Cosimo II (e rinnovata da Ferdinando II il 20 novembre 1644). Investitura di Monte Massi conferita dal granduca Ferdinando II il 19 settembre1632 (e rinnovata da Cosimo III il 21 maggio 1671 e ancora il 15 novembre 1691). Investitura di Mulazzo conferita l’undici luglio 1702 dall’imperatore Leopoldo lo strumento di pacificazione stipulata in Lucca il 18 ottobre 1124 tra il vescovo di Luni e il marchese Malaspina; placito tenuto in Pavia dall’imperatore Arrigo I, del 7 maggio 1014 (secondo l’opera di Ludovico Muratori

  • MALEVOLTI DEL BENINO – (26 luglio 1751). Conte Orlando, di Siena. Presenze nell’Ordine di

S. Stefano (dal 1737) e di Malta (dal 1639)584 [III, 2 bis].

  • MANCINI – (20 settembre 1751). Francesco di Orazio e Lorenzo di Pietro. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1499 [VI, 14].
  • MANETTI – (22 marzo 1751). Giuseppe e fratello. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche585 [III, 4].
  • MANNELLI GALILEI – (24 maggio 1751). Ottavio, figlio del senatore Jacopo Mannelli Galilei, ciambellano imperiale. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. Ammissione di un parente del quarto materno all’Ordine di Malta per giustizia586 [III, 5].
  • MARSILI – (29 luglio 1754). Alfonso. Già ammesso al patriziato senese dal 10 giugno 1753 [XXIII, 22], essendo famiglia originaria di quella città, si limita ad allegare le fedi dell’iscrizione alla Decima fiorentina [III, 6].
  • MARTELLI – (11 ottobre 1751). Balì Niccolò e figli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1484 [XV, 3].
  • MARTELLI – (28 maggio 1753). Canonico Bernardo. Il comparente era cavaliere sacerdote nobile, ma fu riconosciuto idoneo per grazia granducale, a causa di qualche difficoltà nell’esibire le provanze di ammissione all’Ordine [XV, 4].
  • MARTELLI di Augusta – (22 gennaio 1777). Don Giuseppe Maria, barone di Pezzagrande e Nicchiara587 [XV, 5].
  • MARTELLINI – (10 maggio 1751). Bernardo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1524, ma si inizia la descrizione dalla registrazione dei beni a Decima del 1547. Diploma di nobiltà del 1659 conferito da Cosimo II alla famiglia [III, 7].
  • MARTELLINI PONTANARI DELLA RENA – (14 giugno 1751). Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche attestate dal 1473 (con un priorato). Ammissione all’Ordine di S. Stefano e di Malta per giustizia588 [III, 8].
  • MARTINI – (17 gennaio 1752). Cammillo di Giovan Battista. Residenze nelle maggiori magistrature

nelle «Antichità Estensi»); strumento di vendita fatta dal marchese Opizzone Malaspina del castello e curia di Pizzo del Corno (4 ottobre 1168); strumento di divisione della Lunigiana tra Corrado ed Opizzino, marchesi Malaspina, del 22 agosto 1222; strumento di accomandigia tra Francesco II Sforza duca di Milano e diversi marchesi Malaspina (24 maggio 1523).

584 Si allega copia di un decreto del Magistrato Supremo contenente l’indicazione dei privilegi concessi dalla Repubblica fiorentina agli antenati del comparente nell’occasione di certe capitolazioni del 1390 (tra cui l’aggregazine alla cittadinanza). L’arme e il cognome del Benino vengono usate dalla famiglia Malevolti a seguito della volontà testamentaria (o di una libera donazione) del cavaliere sacerdote Alessandro del Benino del 29 luglio 1672. Nel decreto del Peruzzi si annota come, essendo questa una famiglia senese e abilitata all’esercizio delle cariche pubbliche fiorentine solo dal 1674 (in virtù di un decreto del Magistrato Supremo), per ammetterla al patriziato paresse necessaria la prova del possesso dei primi onori civici a Siena, mentre non si conservava alcun documento in merito.

585 La prima residenza attestata per la Maggiore risale al marzo-aprile 1484. La deputazione inizia la descrizione a partire da Giovanni di Giovannozzo, registrato alla Decima dal 1498. Si suggerisce di accludere anche la sorella del comparente, sposata in casa Gianfigliazzi.

586 Furono costretti a cambiare nome in seguito alle leggi antimagnatizie per essere stati riconosciuti «grandi e magnati». Fede attestante come nel 1361 alcuni della famiglia da Mannelli, volendo godere del beneficio della Popolarità, rinunziarono alla loro consorteria e assunsero il casato e l’arme dei Pontigiani. Altra fede analoga, del 1361, dalla quale compare come due ascendenti del comparente, e per loro conto Andrea Capponi loro tutore, rinunciarono alla consorteria dei Mannelli, eleggendo di chiamarsi Piazzeggiani e prendendo nuova arme, ma in un secondo momento assunsero anch’essi il nome di Pontigiani. L’atavo e l’abavo del comparente erano stati squittinati nel 1524 per la Maggiore come «beneficiati». Casato e stemma Galilei assunto in vigore del testamento del capitano Roberto Galilei del 1704. La descrizione di questo casato nella classe del patriziato è fatta iniziare dalla residenza del 1524.

587 Questo ramo si era trasferito e stabilito in Sicilia nella prima metà del XVI secolo. Un ascendente del comparente era stato cavaliere del Santissimo Sepolcro.

588 Producono: fede della matricola dell’Arte della lana del 1394; l’arme dei Martellini detti del Falcone (distinti dagli altri Martellini detti della Cervia, con i quali però avevano una comune antichissima origine); l’arme dei Pontanari (assunta in vigore del testamento di Pier Francesco Pontanari del 5 aprile 1641); l’arme della famiglia della Rena (assunta a seguito di una protesta fatta al Magistrato Supremo il 20 febbraio 1724 e conclusa col riconoscimento dei Martellini quali beneficiari di una primogenitura istituita dal generale Geri della Rena). Si attesta una provvisione del 1359 concedente la civiltà fiorentina. Albero estratto dalla Decima a principiare dal 1427 con Giovanni di mastro Agnolo, lanaiolo. Si descrive questa famiglia a partire da uno squittinio per risiedere nelle maggiori magistrature civiche del 1524.

pubbliche attestate dal 1436, ma la descrizione inizia dal priorato di Agostino del 1454. Presenze nell’Ordine di S. Stefano per giustizia e di Malta [III, 9].

  • MARTINI – (24 maggio 1751). Rosso Antonio di Piero. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1500 [XV, 6].
  • MARUCELLI – (21 febbraio 1752). Francesco di Ruberto. Presenze nell’Ordine di Malta e stefaniano per giustizia. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1496 (priorato) [XV, 7].
  • MARUCELLI – (21 febbraio 1752). Ridolfo di Filippo. Nonostante la famiglia abbia riseduto solo per magistrature minori, fu comunque riconosciuta idonea per essere stata ammessa per giustizia all’Ordine stefaniano [XV,8].
  • MARULLI – (7 dicembre 1795). Conte Giacomo e nipoti. Diploma di aggregazione al patriziato concesso da Ferdinando III589. Ammissione all’Ordine di S. Stefano per giustizia [LXIX, 7].
  • MARZIMEDICI – (9 agosto 1752). Cavaliere Vincenzio e figli. Riconosciuti idonei per essere stati ammessi per giustizia nell’Ordine stefaniano590 [XV, 9].
  • DEL MAZZA – (manca la data del decreto di ammissione, i documenti furono presentati nel 1784). Domenico e Pierfrancesco, figli di Carlo, Pio di Francesco (Carlo e Francesco erano stati già ammessi alla classe di nobiltà nel 1756). Uno dei comparenti era stato ammesso all’Ordine stefaniano per giustizia nel 1783591 [X, 10].
  • MAZZEI – (23 agosto 1751). Cavalieri Giovanni e Jacopo. Presenze per giustizia nell’Ordine stefaniano e gerosolimitano. Hanno sempre goduto magistrature minori [XV, 10].
  • DE MAZZINGHI – (manca la data del decreto di ammissione, i documenti furono presentati alla deputazione l’11 giugno 1751). Luigi. Ammesso in virtù delle residenze nelle maggiori magistrature pubbliche ad iniziare la descrizione dal priorato esercitato nel 1508. Un fratello del comparente è cavaliere stefaniano592 [X, 11].
  • MEDICI – (17 gennaio 1752). Pietro Paolo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche e registrati alla Decima dal 1534 [XV, 11].
  • MEDICI – (24 maggio 1751). Francesco, cavaliere stefaniano e marchese della Castellina. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1530 [XV, 12].
  • MEDICI – (10 maggio 1751). Balì Ottaviano. Squittinati per le maggiori magistrature dal 1524 [XV, 13].
  • MEDICI – (26 luglio 1751). Cavaliere Rosso Francesco. Presenze nell’Ordine stefaniano e squittinati per le maggiori magistrature dal 1531 [XV, 14].
  • MEDICI – (19 settembre 1792). Conte Bartolo Antonio, governatore di Zara, e figli. Si attestò la nobiltà della Dalmazia ma anche residenze nelle maggiori magistrature fiorentine dal 1338 con Coppo di Lapo [LXVII, 16].
  • MICHELOZZI – (19 luglio 1751). Giovanni Filippo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche attestate dal 1461. Ammissione all’Ordine stefaniano per giustizia dal 1635 [III, 10].
  • MICHELOZZI – (manca la data del decreto di ammissione, ma la comparente ottenne grazia nel primo settembre 1757 di poter presentare le provanze di nobiltà generosa nonostante fossero scaduti i termini). Margherita Angiola, figlia del cavaliere stefaniano per giustizia Francesco [X, 12].
  • MINERBETTI – (manca la data del decreto di ammissione, i documenti furono esaminati dai deputati il 15 settembre 1751). Orazio, cavaliere stefaniano per giustizia [X, 14].
  • MINERBETTI [SQUARCIALUPI] – (manca la data del decreto di ammissione, i documenti furono presentati alla deputazione il 6 ottobre 1751). Aleandro Squarcialupi, battezzato Raffaello Minerbetti, si presenta per far descrivere il suo casato Minerbetti. Ammesso in virtù delle residenze nelle maggiori magistrature pubbliche ad iniziare la descrizione dal priorato esercitato nel 1522. Presenze nell’Ordine stefaniano593 [X, 13].
  • MINI – (19 settembre 1768). Silvio e Pietro Leopoldo. Fede che un ascendente aveva svolto la carica

589 Il comparente contava quarant’anni di servizio di primo rilievo alla Casa d’Austria e da 30 era ministro del granduca nelle legazioni pontificie.

590 Diploma di Cosimo I del 1537 con cui si dà facoltà ai nipoti del vescovo Angiolo Marzi di aggiungere al proprio il cognome Medici.

591 Si allegano documenti estratti dai registri della Decima con la descrizione dei beni posseduti.

592 Prime residenze attestate: priorato dal 1406, gonfalonierato per giustizia dal 1445.

593 Attestazione dell’esercizio di un primo priorato fin dal 1406. Si allega il testamento di Aleandro Squarcialupi del luglio 1626, delle cui sostanze e nome il comparente era in possesso dal 1725 in virtù di una sentenza del Magistrato Supremo.

di notaio dei Signori nel 1527594 [XV, 15].

  • MINIATI – (26 luglio 1751). Giovanni Gualberto. Un quarto del comparente risulta ammesso per giustizia nell’Ordine stefaniano595 [VI, 15].
  • MONTALVO (Ramirez Montalvo) – (23 luglio 1751). Leone e fratello, signori della Sassetta596. Ammissione per giustizia nell’Ordine di santo Stefano [XV, 16].
  • MORALI – (10 luglio 1788). Cavalier Ranieri, già ammesso all’Ordine stefaniano e alla nobiltà della sua città di origine, San Miniato, dal 1763 [LII, 11]. Godimento della cittadinanza fiorentina [LXIII, 9].
  • MORELLI – (15 febbraio 1751). Coriolano di Niccolò. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1518 [VI, 16].
  • MORELLI – (30 agosto 1751). Questo fascicolo comprende due rami distinti, quello del cavaliere priore stefaniano Francesco, che provò l’esercizio delle maggiori magistrature pubbliche da parte della sua famiglia dal 1508, e quello del cavaliere Smeraldo Morelli Adimari, che dimostrò le residenze pubbliche dal 1512 [VI, 17].
  • MORI UBALDINI – (manca la data del decreto di ammissione, i documenti furono presentati il 28 aprile 1751). Avvocato Gaetano Benedetto e il fratello Tommaso. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1502 (priorato). Presenze nell’Ordine stefaniano di un ramo trasversale597 [X, 15].
  • MORMORAI DEL CONTE– (10 luglio 1788). Compare Ortensia Mormorai del Conte, nei Berardi, e per lei il senatore Giovanni Battista Nelli, suo marito, chiedendo di poter fare le prove per la famiglia estinta Mormorai del Conte nella persona di Lisabetta di Jacopo nei Berardi598 [LXIII, 11].
  • MOZZI – (15 febbraio 1751). Cavalier Giulio. Ammesso a partire la descrizione da Conte, riseduto tra i priori nel 1510599 [III, 11].
  • NARVAEZ y SAAVEDRA – (5 gennaio 1752). Ferdinando e Francesco600. Ritenuti idonei per aver vestito il manto stefaniano per giustizia [XV, 18].
  • NATI POLTRI – (17 settembre 1791). Francesco e Domenico, originari di Bibbiena. Residenze nella maggiori magistrature601. Ammissione all’Ordine stefaniano e possessori della commenda Poltri [LXVI, 7].
  • NELLI – (10 maggio 1751). Cavaliere Giovanni Battista e figli. Presenze nell’Ordine stefaniano per giustizia e di Malta. Squittinati per risiedere nelle maggiori magistrature dal 1524 [XV, 19].
  • NERETTI – (manca la data del decreto di ammissione, i documenti furono presentati il 29 aprile 1751). Ricciardo e Salvestro. Famiglia ammessa perché si annoveravano cavalieri per giustizia sia nell’Ordine di S. Stefano che di Malta602 [X, 16].
  • NERLI – (23 febbraio 1751). Ferdinando e figli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1437603 [III, 12].
  • DEL NERO – (11 ottobre 1751). Barone Agostino604. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche attestate dal 1476, ma la descrizione inizia da colui che risiedé nel priorato il 1492 [III, 13].
  • DEL NERO – (11 ottobre 1751). Barone Luigi. Residenze nella maggiori magistrature pubbliche attestate dal 1476 (con un priorato), ma la famiglia si descrive dall’ascendente che fu priore nel 1492605

594 Un apposito rescritto magistrale li abilita a fare le provanze per l’iscrizione in ritardo, perché nel 1750 i comparenti si trovavano ancora in età pupillare.

595 La deputazione chiede prove ulteriori, perché la famiglia risultava riseduta solo per magistrature minori.

596 Allegano fede da cui risulta l’infeudazione del detto castello concessa dal granduca Cosimo I nel 1563 ad Antonio Montalvo, indicatovi come coppiere e cameriere personale, ed i successivi rinnovi fino al 1738. Famiglia di origine spagnola.

597 Prima residenza nel priorato nel 1313.

598 La comparente Ortensia Berardi Nelli era erede fidecommissoria della famiglia Mormorai del Conte e obbligata a portarne l’arme e il casato. Si allegano fedi di residenze nelle pubbliche magistrature dal 1524.

599 Un breve appunto del deputato Rucellai raccomanda che si includano anche le sorelle del comparente, «acciò godessero ancor esse degli onori dovuti a tale nobile famiglia».

600 Famiglia di origine spagnola.

601 Donato Nati era stato squittinato per la Maggiore nel 1411.

602 Non avevano riseduto in cariche pubbliche maggiori, perciò si dimostrava anche la continuata parentela con famiglie nobili contratta nel periodo prescritto dei 200 anni. Si inizia la descrizione nella classe del patriziato a partire dal 1534, riferendosi alla data di registrazione dei beni a Decima, mentre la prima apprensione d’abito stefaniana era del 1552.

603 Il comparente si presenta due volte di fronte alla deputazione, nel 1750 e nel 1751, per accrescere i propri documenti.

604 Lettera del granduca Cosimo III del 1708 con cui si dava riconoscimento del titolo di barone.

605 Lettera del 1692 di Cosimo III in cui si riconosce il titolo di barone. Si aggiunge alla propria arme quella dei Neri di Castelfranco, ceduta da Lisabetta di Francesco Neri, sorella di Filippo Neri e moglie di Francesco Cioni.

[III, 14].

  • NICCOLINI SIRIGATTI – (10 settembre 1751). Questo fascicolo comprende quattro rami distinti, ciascuno dei quali dimostrò la residenza dei propri ascendenti nelle maggiori magistrature pubbliche nelle rispettive date: dal 1524 il marchese Lorenzo e figli (che giustificò anche il possesso della corona marchionale); dal 1669, in virtù di un motuproprio del granduca Ferdinando II, Francesco e Ippolito; dal 1525 Lapo e Luigi; dal 1489 Carlo Antonio [VI, 18].
  • DE NOBILI – (manca la data del decreto di ammissione, i documenti furono presentati il 20 febbraio 1751). Francesco. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche606 [X, 17].
  • NUCCI – (29 luglio 1796). Cavaliere Bartolomeo. Già ascritto alla nobiltà di Pescia [LIX, 8], ma come cittadino fiorentino chiede anche l’ascrizione alla nobiltà di Firenze, ottenuta il 18 giugno 1794, e quindi il patriziato come ammesso nell’Ordine stefaniano per giustizia [XX, 17 bis].
  • OBIZZI – (29 maggio 1752). Marchese Tommaso. Casato ferrarese, in possesso della cittadinanza fiorentina. Fu ritenuto idoneo all’ascrizione al patriziato in virtù di un diploma di conferma dei privilegi nobiliari del 1540 di Cosimo I [XV, 20].
  • ORLANDI – (20 marzo 1752). Antonio Ranieri e nipoti. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche607 [VII, 1].
  • ORLANDINI del BECCUTO – (17 gennaio 1752). Antonio Ranieri608. Ammessi fin dal 1524 alla carica di priore. Il figlio del comparente era stato ammesso per giustizia nell’Ordine stefaniano [XV, 21].
  • PAGANELLI – (25 gennaio 1751). Ridolfo e fratelli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1466, con Bernardo, che è anche colui dal quale si inizia la descrizione della famiglia nei libri d’oro609 [III, 15].
  • PAGNINI – (30 giugno 1779). Giovanni Francesco, Giuseppe di Paolo, Raffaello di Giacomo. Già ammessi al patriziato volterrano [XLIII, 8].
  • PALMIERI – (17 gennaio 1752). Palmiero Benedetto. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1427 (priorato). Presenze nell’Ordine stefaniano [XVI, 1].
  • PALMIERI poi DELLA CAMERA610 – (18 aprile 1791). Arrigo Maria e figli, di Figline. Sentenza del Magistrato Supremo del 23 febbraio 1637 giustificante che l’avo Paolo aveva riseduto tra i priori fiorentini dal 1405 [LXVI, 9].
  • PALMIERI PANDOLFINI – (27 dicembre 1751). Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche611 [XVI, 5].
  • PANCIATICHI – (27 dicembre 1751). Bandino. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1531 [XVI, 2].
  • PANDOLFINI – (17 gennaio 1752). Conte Ruberto612. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1497 (priorato). Presenze nell’Ordine stefaniano [XVI, 3].
  • PANDOLFINI – (19 aprile 1751). Batista Filippo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche [XVI, 4].
  • PANZANINI – (22 marzo 1787). Carlo di Pierfrancesco. Con questo stesso decreto ottenne l’ascrizione anche al patriziato senese [LXIII, 4].
  • PARENTI – (18 maggio 1789). Giovanni e Filippo. Residenze nel priorato [LXIV, 10].
  • PASQUALI – (27 dicembre 1751). Cavaliere Cosimo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1531. Presenze nell’Ordine stefaniano per giustizia [XVI, 7].
  • PASSERINI – (due decreti di iscrizione, il primo del 21 giugno 1751 e il secondo del 18 dicembre 1752). Lorenzo e fratelli, Alessandro. Ammessi come quarto nell’Ordine stefaniano per giustizia [XVI, 6].
  • PAZZI – (19 aprile 1751). Cavaliere Giovanni Cosimo. Presenze nell’Ordine stefaniano. Residenze

606 La prima residenza attestata era un priorato per la Maggiore nel 1355.

607 Si ricorda un ascendente notaio della Signoria nel 1458.

608 Diploma sovrano con cui il comparente è nominato ciambellano granducale.

609 In realtà si trova una prima residenza nel 1376 attestata soltanto nell’albero genealogico. Le fedi di battesimo del comparente e dei fratelli sono della città di Siviglia e uno di questi, don Antonio Bernardo, aveva ancora la propria residenza in Siviglia.

610 Il cognome originario era Palmieri, ma lo avevano cambiato in della Camera per esser stato un avo ‘notaio della Camera’. Dall’abavo al comparente avevano tutti esercitato l’arte notarile. Giovanni Battista Nelli aveva sollevato dubbi quanto all’entità del patrimonio familiare.

611 Iscrizione ai registri della Decima dal 1534.

612 Titolo di conte dimostrato con diploma imperiale.

nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1512 [XVI, 8].

  • PAZZI nei RUCELLAI – (27 dicembre 1751). Teresa di Giovanni Girolamo. E’ riconosciuta idonea all’iscrizione al patriziato senza specificare quale titolo fosse ritenuto provante613 [XVI, 9].
  • PECORI – (28 febbraio 1752). Conte Bernardo614. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1452. Presenze nell’Ordine stefaniano [XVI, 10].
  • PEPI – (19 aprile 1751). Francesco e fratelli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dai tempi della Repubblica (probabilmente dal 1401) [VII, 2].
  • PERINI – (manca la data del decreto di ammissione, i documenti furono presentati alla deputazione il 16 agosto 1751). Domenico. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche a partire dal priorato del 1474, dal quale si inizia la descrizione [X, 19].
  • PERUZZI – (24 maggio 1751). Cavaliere Bindo del cavalier Bindo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1524. Residenze nell’Ordine stefaniano per giustizia [VII, 3].
  • PERUZZI – (24 maggio 1751). Bindo Simone e figli615. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche e presenze nell’Ordine di Malta [VII, 4].
  • PITTI – (29 marzo 1751). Cavaliere Luigi. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1404. Presenze nell’Ordine di S. Stefano per giustizia [III, 16].
  • PITTI – (25 gennaio 1751). Leone e fratelli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1399616 [III, 17].
  • PITTI – (14 giugno 1751). Ruberto Ubaldo e fratelli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1511617 [III, 17 secondo].
  • PITTI – (25 gennaio 1751). Luca di Ruberto. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1399 [III, 18].
  • PITTI GADDI – (13 settembre 1751). Gaspero e fratelli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1522618 [III, 19].
  • PITTI GADDI – (29 marzo 1751). Cavaliere Cosimo. Presenze nell’Ordine di S. Stefano per giustizia619 [III, 20].
  • PITTI GADDI – (27 agosto 1753). Maria Emilia (nei Martini) e Maria Gaetana (moglie del cavalier Gaetano Antinori, membro del Consiglio di Reggenza e segretario di guerra), figlie di Giuseppe. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1522620 [III, 21].
  • POPOLESCHI [già Tornaquinci] – (manca la data del decreto di ammissione, i documenti furono presentati il 27 marzo 1751). Alfonso del cavaliere Ridolfo. Ammissione in virtù delle residenze nelle maggiori magistrature pubbliche621 [X, 18].
  • PORTIGIANI – (9 settembre 1757). Tenente Onofrio. Di origini fiorentine, ma poi trasferitasi a San Miniato, questa famiglia aveva ivi esercitato le più preminenti cariche pubbliche. Si rimandava all’altro ramo già ammesso in precedenza alla classe del patriziato622 [VII, 5].
  • PORTIGIANI – (15 settembre 1755). Ferdinando del cavalier Rinaldo. Aveva goduto dei primi onori

613 Non si allegarono fedi né del godimento di cariche pubbliche, né di onori o privilegi. Si attestava solo che la famiglia risultava tra le «grandi e magnate» di Firenze.

614 Conti del Sacro Romano Impero.

615 Si ha notizia anche di un altro ramo, quello di Bindo Nero di Giovanni, il quale però non allegò la propria documentazione.

616 Descritto alla classe del patriziato a partire dal riseduto priore nel 1511.

617 Si inizia la descrizione della famiglia a partire dalla residenza nel priorato del 1511. Si tratta in realtà di due rami, quello dell’abate Ruberto, di questo inserto, e l’altro di Uberto (abate anch’egli) e Luca, descritto nell’inserto successivo.

618 Si inizia la descrizione a partire dalla residenza nel priorato del 1530. La famiglia Pitti assume arme e casato Gaddi in virtù di decreto del Magistrato Supremo, lo stesso comparente è successore in fidecommisso del senatore Niccolò Gaddi. Il padre del comparente, Lorenzo, aveva sposato la madrilena Francesca Giuseppa Inzago (nel 1709) ed i loro figli (il comparente, insieme ai fratelli Giuseppe e Michele, entrambi abati) erano nati a Madrid.

619 Si allega copia del testamento di Niccolò Simbaldi Gaddi del 6 giugno 1647 dove il comparente viene obbligato a usare cognome ed arme Gaddi.

620 Si inizia la registrazione a partire dal priorato goduto nel 1530. Le comparenti supplicavano di essere descritte nella classe patrizia «come consorti» dei loro mariti (già ammessi) e nell’interesse dei loro figli.

621 La famiglia Popoleschi pretendeva di discendere dai Tornaquinci, antico casato divisosi in più famiglie. La prima residenza attestata era un priorato nel 1524. La descrizione fu a partire dalla registrazione dei beni familiari alla Decima del 1534.

622 Il ramo cui si fa riferimento è registrato in questa stessa filza, nell’ins.8.

in San Miniato623 [VII, 6].

  • DEL PUGLIESE – (24 dicembre 1759). Caterina di Tommaso, moglie di Lorenzo Buonaccorsi Perini, ultima ed unica superstite della famiglia. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1523, ma descritta dal riseduto del 1529 [III, 22].
  • PUCCI – (20 marzo 1752). Senatore marchese Orazio. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1489. Presenze nell’Ordine di Malta624 [XVI, 12].
  • PUCCI – (20 marzo 1752). Marchese balì Orazio Giovanni Maria. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche [XVI, 13].
  • QUARATESI – (13 dicembre 1751). Giovanni Battista e Alessandro del senatore Carlo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1489 con Simone, primo descritto [III, 23].
  • QUARATESI – (10 maggio 1751). Senatore Giovanni Francesco. Presenze nell’Ordine di S. Stefano per giustizia. La famiglia viene ammessa, oltre che per l’abito stefaniano, «per le qualità ben note» di nobiltà generosa [III, 24].
  • QUARATESI – (12 luglio 1756). Giulia Maria (moglie del senatore Jacopo dei conti Guidi), Maria Ginevra (vedova del balì Giovan Battista Baldovini di Pisa), Lisabetta (vedova del senatore Orazio Strozzi), Ottavia (moglie del cavaliere Girolamo Baldelli di Cortona), tutte sorelle, figlie del cavaliere stefaniano Girolamo. Presenza nell’Ordine di S. Stefano per giustizia625 [III, 25].
  • RABATTI – (23 agosto 1751). Leonardo Giuseppe e Antonio Vincenzo. Presenze nell’Ordine stefaniano e residenze nelle maggiori magistrature626 [XVI, 14].
  • DELLA RENA BELFREDELLI – (27 dicembre 1751). Francesco. Casato ammesso come quarto di un cavaliere stefaniano per giustizia (è l’unica provanza addotta) [XVI, 15].
  • RICASOLI – (24 maggio 1751). Cavaliere barone Bindaccio. Ci si distingue specificamente dai Ricasoli di Meleto. Ammessi perché un loro ascendente era riseduto nel numero dei priori nel 1516627 [VII, 7].
  • RICASOLI da Meleto – (24 maggio 1751). Due rami: quello del cavaliere Giovanni Francesco e quello del cavaliere priore Ugo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1501 il primo ramo, dal 1524 il secondo628 [XI, 1].
  • RICCARDI – (10 maggio 1751). Marchese Cosimo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1521. Presenze nell’Ordine stefaniano e diploma di conferimento del marchesato di Chianni e Rivalto del 1629 [XVI, 16].
  • RICCI – (23 agosto 1751). Canonico Corso e fratello Ippolito. Presenze per giustizia nell’Ordine di S. Stefano [XVI, 18].
  • RICCI – (21 giugno 1751). Senatore priore Francesco. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. Presenze nell’Ordine stefaniano e gerosolimitano [VII, 8].
  • RICCIARDI SERGUIDI – (3 maggio 1751). Tommaso. Ammesso in virtù della presenza per giustizia nell’Ordine stefaniano [XVI, 17].
  • DEL RICCIO BALDI – (20 settembre 1751). Senatore Leonardo e Filippo, fratelli. Iscritto ai libri d’oro in virtù dell’ammissione di un ascendente collaterale all’Ordine gerosolimitano. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche629 [IV, 1].
  • RIDOLFI- (29 marzo 1751). Marchese cavaliere Cosimo e fratelli. Diploma di conferimento del marchesato di Montescudaio da parte del granduca Giangastone del 1735, poi confermato con diploma

623 Si avanzano perplessità da parte della deputazione a proposito della residenza a San Miniato e della carica di pennoniere di cui questa famiglia aveva goduto.

624 Diploma di investitura del marchesato di Barsento nel 1662 da parte di Filippo IV re di Spagna. Si allega anche una lettera con cui il granduca Cosimo III nomina un ascendente del comparente quale inviato straordinario alla corte britannica.

625 Nonostante che i loro nomi siano già descritti insieme a quelli dei mariti nella classe dei patrizi di Firenze, Pisa, Volterra e Cortona, nell’interesse proprio e soprattutto dei loro figli, chiedono di registrare anche la propria famiglia.

626 La deputazione avanza dubbi sulla probabile decadenza del casato per l’esiguità del patrimonio e «la bassezza dei parentadi» contratti nelle ultime generazioni.

627 Si allega una provvisione della Repubblica fiorentina del 1478 nella quale si ordinava che questa famiglia fosse descritta nel numero dei cittadini popolari e abilitata ai godimenti dei maggiori uffici, quale riconoscimento e gratitudine per la difesa dei castelli di Brolio e Cacchiano in Chianti.

628 Fede nella quale la famiglia appare nominata delle «grandi e magnate» di Firenze. Presenze nell’Ordine di Malta.

629 La famiglia risultava iscritta ai registri della Decima almeno a partire dal 1498. La prima carica pubblica significativa attestata era del 1702 con un senatore. La descrizione nei libri d’oro è a partire da Giulio, fratello di un cavaliere ammesso all’Ordine di Malta nel 1556.

imperiale nel 1738630 [IV, 2].

  • RIDOLFI di Ponte – (15 febbraio 1751). Cavaliere Lorenzo Bonaventura. Ammesso in virtù dell’apprensione dell’abito stefaniano per giustizia631 [IV, 3].
  • RIGOGLI – (23 marzo 1768). Ferdinando e Antonio Gaetano. Si allega una fede attestante l’abilità del casato a presenziare nel Consiglio Maggiore632 [XVI, 19].
  • RILLI ORSINI – (30 giugno 1779). Giovanfrancesco e figli. Antica famiglia originaria del Casentino. Si ricordano due cavalleresse di S. Stefano, una sentenza del Magistrato Supremo di Firenze del 1688 (di dubbia validità) e la nobiltà riconosciuta a Roma633 [VII, 9].
  • RIMBOTTI – (23 agosto 1751). Cavaliere Alberto e figli. Famiglia originaria di San Miniato al Tedesco. Chiese l’ammissione al patriziato in virtù dell’apprensione d’abito per giustizia dell’Ordine stefaniano634 [XVII, 1].
  • RINALDI GENEROTTI – (13 settembre 1751). Francesco, balì e cavaliere per giustizia nell’Ordine stefaniano. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1521 (priorato)635 [XVII, 2].
  • RINUCCINI – (3 maggio 1751). Marchese Folco. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1524636 [VII, 10].
  • RINUCCINI – (19 luglio 1751). Cosimo di Stefano. Presenti tra gli squittinati per risedere nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1524 [VII, 11].
  • ROFFIA – (le date di ammissione ai registri del patriziato sono due: il 29 marzo 1751 e il 30 aprile 1764637). Balì Niccolò e fratelli. Presenze nell’Ordine stefaniano per giustizia [XI, 2].
  • RONDINELLI – (23 agosto 1751). Alessandro e fratelli. Il comparente è cavaliere stefaniano638 [XVII, 3].
  • RONDINELLI – (17 gennaio 1752). Ottavio, cavaliere dell’Ordine di Malta. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1422 (priorato) [XVII, 4].
  • DE ROSSI – (14 giugno 1751). Cavaliere Alemanno e figli. Presenza nell’Ordine di S. Stefano639 [IV, 4].

630 La prima residenza attestata è un gonfalonierato nel 1407. Particolare rilievo si riserva ai matrimoni contratti con donne di alcune delle maggiori famiglie fiorentine, quali i Medici, gli Strozzi, i Salviati, i Ricasoli. La descrizione alla classe del patriziato inizia dal 1534, quando un ascendente del comparente aveva fatto registrare i propri beni alla Decima.

631 Si noti come il comparente chieda l’ammissione alla classe del patriziato tralasciando esplicitamente di descrivere gli onori goduti nei tempi antichi e limitandosi ad allegare la fede dell’apprensione d’abito per giustizia. La deputazione, in realtà, non lascia di sottolineare come, per quanto il titolo di cavaliere stefaniano si possa considerare ampiamente sufficiente per richiedere il patriziato, il fascicolo del Ridolfi era comunque mancante di documenti ritenuti necessari, quali l’albero genealogico della famiglia, e le fedi dei matrimoni e dei battesimi.

632 In tale documento sollevò perplessità tra i membri della deputazione quanto a riconoscerne o meno il valore probatorio di nobiltà generosa.

633 In realtà la deputazione ebbe non poche perplessità ad ammettere questa famiglia.

634 L’accoglimento di questa famiglia non fu troppo semplice. L’origine del casato da San Miniato al Tedesco rendeva impossibile l’ammissione al patriziato fiorentino senza le prove del possesso della cittadinanza di Firenze e di aver contratto la continuata parentela con famiglie nobili. Peruzzi verificò personalmente, esaminando il processo di ammissione all’Ordine stefaniano, come il settimo avo del comparente fosse stato ammesso alla cittadinanza e la sua famiglia si fosse stabilmente stanziata a Firenze, unendosi con le principali famiglie nobili locali. Nel fascicolo è conservato anche un breve memoriale familiare, più o meno attendibile, al quale si rimanda per maggiori notizie genealogiche. Il capostipite del casato risultava un certo Rimbotto, primogenito dei tre figli di un membro della famiglia Accarigi, trasferitasi a Siena dalla Francia, dal castello di Molvise. Dai due fratelli di Rimbotto, rimasti stabilmente a Siena, sarebbero discese le altrettanto nobili famiglie degli Accarigi e degli Armalei.

635 L’avo del comparente aveva sposato Maddalena Generotti nel 1669 e in virtù di questa parentela i Rinaldi erano stati vocati nel testamento di Lionardo Generotti, il quale li aveva nominati propri eredi con l’obbligo di aggiungere il nuovo cognome.

636 Diploma del granduca Francesco Stefano del 1737 in cui il comparente viene nominato suo ciambellano d’onore e appellato col titolo di marchese.

637 Si avanzarono dubbi da parte della deputazione perché il casato era residente a San Miniato.

638 Dal momento che questa famiglia aveva fissato il proprio domicilio ad Arezzo, per quanto iscritta ai registri della Decima fiorentina dal 1498 e avesse esercitato il priorato dal 1524, la deputazione ritenne opportuno che avanzasse anzitutto richiesta di ammissione al patriziato aretino e solo in un secondo momento ai registri di Firenze.

639 Fede pubblica con la quale si attesta che la famiglia, riconosciuta come delle «grandi e magnate» di Firenze, aveva dovuto cambiare cognome. Si inizia la descrizione dal 1556, prendendo come punto di riferimento la descrizione dei beni familiari alla Decima da parte di un dato soggetto (la prima registrazione era avvenuta almeno dal 1427).

  • DEL ROSSO – (27 gennaio 1777). Balì Lorenzo Ottavio e i figli, cavaliere Giovanni Andrea, senatore Francesco. Si producono le fedi delle residenze nelle maggiori magistrature pubbliche e attestato dell’apprensione d’abito a seguito della fondazione di una commenda di padronato nell’Ordine di

S. Stefano nel 1573640 [IV, 5-6].

  • DEL ROSSO VAIAI – (31 luglio 1752). Cavaliere Paolo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1471 (priorato)641 [XVII, 6].
  • ROTI – (30 agosto 1751). Capitano Simone, Brunetto e figli, Francesco Xaverio. Il casato fu giudicato idoneo perché era stato ammesso come quarto di un cavaliere vestito per giustizia nell’Ordine stefaniano [XVII, 5].
  • RUCELLAI – (in questo fascicolo sono contenute le provanze di due distinti rami della famiglia, il primo, quello di Paolo Filippo, ebbe il riconoscimento dello status patrizio il 24 maggio 1751; mentre quello del senatore Giulio Rucellai Lippi e dei suoi fratelli, lo ebbe l’11 agosto 1755). Il casato venne ammesso perché dimostrò l’esercizio di una magistratura delle maggiori (priorato) dal 1499 [XI, 3].
  • DEL RUOTA – (21 febbraio 1752). Marchesa Maria Cammilla, vedova di Ottavio Guadagni, e la sorella Lucrezia, moglie di Carlo Ughi, figlie di Cesare del Ruota. Si ammettono in virtù della residenza di un atavo della comparente, nel 1514, nel numero dei Dodici Buonuomini di Firenze [IV, 7].
  • SALVATICI – (25 agosto 1781). Leonardo e Giuseppe, di Pistoia. Fedi di apprensione dell’abito stefaniano per giustizia [XVII, 8].
  • SALVATICI – (giugno 1772). Pietro di Leonardo di Tommaso, di Pistoia. Già ammessi per giustizia nell’Ordine stefaniano642 [XVII, 9].
  • SALVETTI – (27 gennaio 1777). Auditore Lino e figli. Già ammessi alla nobiltà volterrana [XLIV, 18], alle cui prove si rimanda643 [VII, 12].
  • SALVETTI – (17 dicembre 1779). Giovanni Battista e canonico Luigi. Originari di Volterra. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche [VII, 13].
  • SALVIATI – (22 marzo 1751). Averardo, duca e principe di Rocca Marsina, e i suoi fratelli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1466. Titolo di marchesato e presenze nell’Ordine di Malta644 [VII, 14].
  • SALVIATI – (22 marzo 1751). Marchese Alemanno e figli. Diploma dell’imperatore Leopoldo del 1685 conferente il titolo di marchesato. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche [VII, 15].
  • SALVINI – (14 luglio 1780). Andrea di Attilio. Ammissione all’Ordine stefaniano come quarto di un cavaliere vestito per giustizia. Riconosciuto patrizio grazie a quanto stabilito in una sentenza del Magistrato Supremo del 1708645 [IV, 8].
  • SANMINIATI – (3 maggio 1751). Senatore Ascanio. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche attestate dal 1492 (priorato)646 [XVII, 7].

640 Si tratta in realtà di due fascicoli distinti. Nel primo, il balì Lorenzo Ottavio chiedeva, nel 1751, la descrizione per sé ed i propri figli alla classe della nobiltà, allegando oltre ai documenti di S. Stefano l’albero genealogico estratto dalle fedi delle Decime a partire dal 1587 e i vari attestati pubblici delle residenze, battesimi e contratti di matrimonio. Nel secondo, il senatore Francesco si presentava nel 1573 per chiedere prima la classe di nobiltà e poi, insieme al balì Lorenzo Ottavio ed a Giovanni Andrea, quella del patriziato. La deputazione solleva un complesso dibattito relativo alla possibilità di acquisizione dello status nobiliare tramite fondazione di commenda di padronato, tanto più che, in questo caso, il primo investito del beneficio risultava essere un ascendente trasversale dei comparenti.

641 Nel descrivere la genealogia familiare, si omisero le fedi di battesimo di due generazioni che si erano temporaneamente stabilite in Spagna, per far poi ritorno in patria

642 Si enumeravano anche alcune residenze nelle pubbliche magistrature pistoiesi godute dal 1440, tra cui operai di San Jacopo. Il comparente era sposato con una Souza y Almeida, nobile famiglia portoghese.

643 La deputazione avanzò non poche perplessità sia nel riconoscere la discendenza di questo ramo fiorentino dall’omonima casata volterrana, che soprattutto nella continuazione della nobiltà nei diretti ascendenti del comparente

644 La deputazione si espresse con un «è superfluo l’esame di una famiglia sì conosciuta».

645 Questa sentenza, espressa dal Magistrato Supremo di Firenze il 30 maggio 1708, dichiarava come il padre del postulante discendesse per linea retta da Miliano di Bartolo di Salvino, riseduto fin dal 1382 nelle tre maggiori magistrature pubbliche della Repubblica fiorentina. In realtà la deputazione sollevò dubbi sulla validità di questa prova, anzitutto perché non era trascorso il tempo minimo di cento anni stabilito dalla legge del 1750 e poi per concreti dubbi sull’autenticità del documento. Per questa ragione la domanda presentata dal Salvini nel 1751 venne evasa soltanto molti anni dopo. Risolutiva per la soluzione del caso fu l’ammissione per giustizia all’Ordine di S. Stefano del cavaliere Giuseppe Lanfranchi, nel corso del processo di provanze del quale si ammise la detta sentenza del 1708 quale prova valida della nobiltà del casato Salvini, quarto del pretendente.

646 La descrizione nel libro d’oro iniziò però dal 1534, data della registrazione dei beni familiari alla Decima.

  • SASSI DELLA TOSA – (non si conserva alcun decreto, istanza presentata nel 1797). Francesco. Si dimostra la discendenza da famiglia già nobile [LXX, 4].
  • SCARLATTI – (17 maggio 1751). In quest’unico fascicolo compaiono tre distinti rami del casato, ciascuno con i propri titoli. Il cavaliere Giovanni Battista con i fratelli, che contavano residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. L’arciprete Giuseppe coi fratelli, e Giuseppe Maria di Ranieri, possono esibire invece soltanto attestazioni di ammissioni agli squittinii per le maggiori magistrature, ma non residenze [IV, 9].
  • SCARLATTI nei IERI – (25 luglio 1757). Francesco Ieri, come nipote di Maria Francesca di Ascanio Scarlatti, sua ava paterna, chiese l’ascrizione della famiglia Scarlatti. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1449647 [IV, 10].
  • SCHIANTESCHI – (30 agosto 1751). Conte Domenico, dei conti di Montedoglio. Si producono diversi diplomi sovrani e fedi di accomandigia, oltreché l’ammissione per giustizia all’Ordine stefaniano [XI, 4].
  • DEL SERA – (19 aprile 1751). Alessandro e fratelli, avvocato Luigi e Tommaso. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche e iscrizione alla Decima dal 1534 [XI, 5].
  • SERRISTORI – (19 luglio 1751). Senatore cavaliere Antonio. Ammessi in quanto squittinati per l’elezione a senatore nel 1540 [VII, 16].
  • SERZELLI del GARBO – (21 luglio 1751). Cavaliere Bernardo. Ammessi in quanto squittinati per le maggiori magistrature dal 1524. Uno zio del comparente era cavaliere stefaniano per giustizia [VII, 17].
  • SETTICELLI – (17 settembre 1791). Capitano Giovanni Pietro e figli. Ottenne grazia granducale, da Vienna, di un diploma di ascrizione alla classe di nobili nel 1764 e con decreto del 1765 [XXI, 10]. Carlo e Pietro ottennero l’ammissione al patriziato fiorentino. Carlo ottenne anche la registrazione al patriziato pistoiese [LXVI, 13].
  • SODERINI – (29 marzo 1751). Felice Gaspero. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche648 [IV, 11].
  • SIMINETTI – (30 agosto 1751). Cavaliere Francesco e fratello. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1524 (priorato) [XI, 6].
  • SPINA – (21 febbraio 1752). Antonio Martino, Cosimo e Giovanni. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1517 (priorato) [VII, 18].
  • SPINELLI – (17 maggio 1751). Senatore Spinello e figli. Attestano l’idoneità ad essere squittinati per le maggiori magistrature e l’iscrizione alla Decima dal 1534 [VII, 19].
  • SPINI – (5 gennaio 1752). Maria Cammilla, vedova, figlia del cavaliere Jacopo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1497. Presenze nell’Ordine stefaniano [XI, 7].
  • STENDARDI – (30 agosto 1751). Giovanni Francesco e figli. Il comparente è cavaliere per giustizia e successore in commenda di suo padronato, ottenne il riconoscimento di nobiltà in virtù dell’abito stefaniano [XVII, 10].
  • STROZZI – (13 settembre 1751). Le linee raccolte in quest’unico fascicolo sono numerose. I comparenti furono: Alessandro, il duca don Ferdinando, il principe di Forano Lorenzo Maria, il cavaliere Girolamo, Ruberto di Carlo, Ruberto di Alessandro, il cavaliere conte Alberigo (titolo, quest’ultimo di conte del Sacro Romano Impero, attestato da diploma imperiale del 1629, poi confermato dal granduca Cosimo III). Casato riconosciuto idoneo in quanto ammesso all’Ordine stefaniano per giustizia e per le residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1519 e dal 1524, a seconda della linea [XI, 8].
  • STROZZI – (18 dicembre 1752). Bernardo, cavaliere stefaniano per giustizia, riconosciuto idoneo in virtù dell’abito [XI, 9].
  • DELLA STUFA LOTTERINGHI – (15 settembre 1755). Marchese balì Ugo. Presenze nell’Ordine stefaniano per giustizia. Conferimento della contea del Calcione con il titolo di marchesato per il maggiore della famiglia, che ne avrà la giurisdizione, e col titolo di contea per gli altri della famiglia. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche [XIV, 13].
  • SUARES DE LA CONCHA – (1° ottobre 1753). Balì Baldassarre. Casata di origine spagnola.

647 Francesco Ieri aveva necessità di dimostrare come la detta Francesca Scarlatti, sua ava paterna, appartenesse alla stessa famiglia di Antonio Scarlatti, già dichiarato in precedenza patrizio fiorentino.

648 Si inizia la descrizione alla classe del patriziato dalla registrazione alla Decima dei beni familiari del 1534, si documentava però uno squittinio per risiedere in una delle maggiori cariche pubbliche già nel 1524.

Presenze nell’Ordine di S. Stefano649 [IV, 12].

  • SUTERMAN – (20 settembre 1784). Sebastiano Filippo. Ammesso, dopo dibattuta analisi, in virtù di un diploma imperiale datato 1° ottobre 1624 di Ferdinando II che dichiarava i membri di questa famiglia

«nobili militari e turneari del Sacro Romano Imperio»650 [IV, 13].

  • TADDEI nei MANCINI- (13 dicembre 1751). Maria Teresa di Antonio, moglie del cavalier Antonio Francesco Mancini di Cortona. La famiglia era estinta nella sua linea maschile. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1522 (gonfalonierato) [XVII, 12].
  • TEDALDI – (13 settembre 1751). Francesco Maria. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1521 (priorato) [XVII, 11].
  • TEMPI – (19 aprile 1751). Leonardo, marchese. Ascendenti scrutinati per l’imborsazione per le maggiori magistrature pubbliche e iscrizione alla Decima dal 1534. Diploma del 1716 di conferimento del feudo del marchesato del Barone. Presenze nell’Ordine stefaniano [XVII, 13].
  • TERI DIECIAIUTI – (13 settembre 1751). Agostino. Casato ammesso alla classe del patriziato nonostante non avesse mai annoverato un riseduto in una delle maggiori magistrature, non tanto per la prova dei parentadi nobili, quanto per l’ammissione all’Ordine stefaniano per giustizia di un cugino di secondo grado del comparente [XI, 10].
  • TOLOMEI GUCCI – (19 aprile 1751). Matteo e Jacopo di Neri. Un ascendente del comparente risedé come priore nel 1531 [VII, 20].
  • TORNAQUINCI – (30 agosto 1751). Cavaliere Luca e fratelli. Si allegano le fedi di ammissione per giustizia all’Ordine di S. Stefano, ma la deputazione ritiene che «la generosa nobiltà di questa illustre prosapia è così nota, che non può dubitarsi esser degnissima di venir descritta al patriziato» [XI, 11].
  • TORRIGIANI – (19 aprile 1751). Marchese cavaliere Luca. Presenze nell’Ordine stefaniano e gerosolimitano651 [IV, 14].
  • DEL TURCO – (26 agosto 1789). Cavalier Francesco Gaetano e Vincenzo, già ammessi all’Ordine stefaniano. Nel 1751 erano stati iscritti alla nobiltà fiorentina [LXIV, 13].
  • UBALDINI da Gagliano – (19 luglio 1751). Cavaliere Antonio Ruberto. Fede pubblica che la famiglia risultava segnalata tra le «grandi e magnate» di Firenze652. Presenze nell’Ordine stefaniano [XVII, 15].
  • UBALDINI – (23 agosto 1751). Zanobi e nipoti. Già ammessi all’Ordine di S. Stefano per giustizia e riconosciuti nobili grazie a ciò. La famiglia era stata annoverata tra le «grandi e magnate» di Firenze [XVII, 16].
  • UGHI – (22 novembre 1751). Carlo Filippo e Carlo Lorenzo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1474653. Presenze nell’Ordine stefaniano per giustizia654 [XVII, 17].

649 In realtà la deputazione non era stata in grado di verificare se effettivamente il cavalier Baldassarre di Pietro avesse vestito l’abito stefaniano per giustizia, ma soprassedé per il fatto che il cavaliere aveva rivestito l’incarico di contestabile, incarico riservato a norma degli statuti della Religione era esclusivamente a cavalieri per giustizia. Da una verifica da me condotta sui documenti conservati presso l’archivio stefaniano, non risulta affatto che Baldassare abbia mai portato a termine un processo di provanze a suo carico, cfr. ASPi, S.Stefano, 655, ins.1.

650 Il diploma di Ferdinando II dichiarava i Suterman quali «nobili militari e turneari del Sacro Romani Imperio e Stati ereditari di casa d’Austria, come descendenti da quattro avi paterni e materni già nobili, militari e turneari e capaci di feudi con tutti i loro figli e discendenti, maschi e femmine». Il detto diploma era stato registrato nel 1757 nel registro imperiale apostolico di Roma. Nel 1642 la famiglia aveva ottenuto l’aggregazione a Firenze alla regola dei cittadini fiorentini, nel 1658 l’avo del pretendente era poi stato dichiarato abile a godere di tutti i privilegi e le prerogative del ceto dei cittadini di Firenze.

La deputazione sollevò qualche difficoltà poiché la cittadinanza fiorentina era stata goduta soltanto da 140 anni prima. Restava inoltre da chiarire se la famiglia dovesse essere ammessa appellandosi all’articolo ventiduesimo della legge del 1750, come nobiltà straniera, oppure se – come appariva più probabile – essendo l’imperatore Ferdinando da considerarsi pur sempre un ascendente dell’attuale granduca, il suo diploma fosse da ritenersi parificabile a quelli medicei. La questione venne conclusa constatando come le prove per divenire nobile turneario fossero riconosciute dall’Ordine gerosolimitano come valide conferme della nobiltà generosa.

651 Fede pubblica di iscrizione alla Decima fiorentina dal 1534. Residenze nelle magistrature minori e una volta per la Maggiore. Documento di papa Clemente XI del 1712 in cui si approvava il marchesato sopra il castello di Decimo. Motuproprio di Giangastone del 1712 in cui il comparente veniva eletto provveditore dell’Abbondanza ed indicato col titolo di marchese.

652 Iscrizione alla Decima dal 1548.

653 Ma si iniziò la descrizione da colui che risedette priore nel 1529.

  • UGOLINI – (15 febbraio 1751). Giovangiorgio. Descritti in virtù delle loro residenze nelle maggiori magistrature pubbliche, ad iniziare dal 1524 [IV, 19].
  • UGUCCIONI – (22 febbraio 1751). Senatore Giovanni e fratelli, cavaliere Ricovero e fratelli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche [VII, 21].
  • VAGLIENTI – (29 luglio 1754). Alessandro e fratelli. Già iscritti nella classe del patriziato di Pisa con decreto del 10 giugno 1754 [XXVIII, 13], alle cui provanze si rimanda, essendo in possesso della cittadinanza di Firenze si chiede anche la descrizione in quella città [IV, 15].
  • VAJ – (9 ottobre 1762). Stefano e fratelli. Il comparente era cavaliere stefaniano per giustizia, titolo ritenuto sufficiente per l’ammissione. Si allega però anche la fede certificante l’esser stati squittinati per l’imborsazione e la residenza nelle pubbliche magistrature dal 1381 [XVII, 14].
  • VALLERON D’ORQUEVAUX – (16 ottobre 1793). Vincenzio, lorenese655. Ci si richiama al dispaccio del 17 maggio 1751 relativo alla naturalizzazione dei sudditi lorenesi [LXVIII, 20].
  • VECCHIETTI – (14 giugno 1751). Anton Francesco e fratelli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche656 [XI, 12].
  • VELLUTI – (19 gennaio 1756). Barone Ferdinando e nipoti. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche657 [IV, 16].
  • VENTURI – (19 aprile 1751). Cavaliere Cosimo e fratelli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche, ma la ragione dell’ammissione al patriziato è la presenza per giustizia nell’Ordine stefaniano [XI,13 ].
  • VENTURI negli ALBIZI – (16 aprile 1753). Maria Maddalena di Lorenzo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1513 (priorato) [XI, 15].
  • VERNACCI – (23 marzo 1754). Federigo Simone. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche658 [XI, 14].
  • DEL VERNACCIA – (19 luglio 1751). Cavaliere Giovanni Vincenzo. Ritenuti ammissibili in quanto vestiti dell’abito stefaniano per giustizia [VII, 22].
  • VERRAZZANO – (15 marzo 1751). Cavalier Andrea del cavalier Filippo e fratelli. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche. Si annoverano numerosi cavalieri, alcuni sicuramente stefaniani, ma di altri non ne viene specificato l’Ordine659 [IV, 20].
  • VESPUCCI – (13 marzo 1752). Amerigo di Paolo. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1463 (priorato) [XI, 16].
  • VETTORI – (18 ottobre 1751). Cavalier Paolo Maria del senatore Ottavio. Ammessi in virtù delle residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1493. Si annovera anche la presenza nell’Ordine stefaniano per giustizia [IV, 17].
  • VETTORI – (18 ottobre 1751). Cavaliere Alessandro del cavaliere Federigo. Ammessi in virtù delle residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1411. Si allega anche fede di apprensione d’abito per giustizia nell’Ordine stefaniano [IV, 18].
  • VITOLINI – (20 giugno 1803). Residenze nel primo onore della Repubblica fiorentina per giustizia dal 1480660 [LXXII, 8].
  • VIVIANI – (20 aprile 1751). Priore Luigi e fratelli. Squittinati per le maggiori magistrature pubbliche dal 1524. Presenze nell’Ordine stefaniano per giustizia [XVII, 18].
  • XIMENES ARAGONA – (21 giugno 1751). Marchese priore Tommaso. Ammessi alla classe dei patrizi per la già ottenuta ammissione per giustizia all’Ordine di S. Stefano, per le copiose sostanze ed il

654 L’arme familiare conteneva la spada e il pastorale per esser fregiati del titolo di «difensori e patroni dell’arcivescovado fiorentini», come si attestava anche da una fede di cancelleria.

655 Il padre del comparente era stato capitano e tenente colonnello a servizio di Francesco Stefano.

656 Il computo della loro nobiltà generosa si inizia dalla data di iscrizione ai registri della Decima, ovvero dal 1543.

657 Si chiede l’ascrizione di entrambi i rami in cui la famiglia era divisa, uno dei quali era passato in Spagna a metà del XVI secolo, mentre quello dei comparenti a Napoli, trasferitovi intorno al 1630 e dove ancora risedevano. Si attesta la prima residenza nel priorato nel 1283, e dal 1378 nel gonfalonierato.

658 Si avanzano non poche perplessità a causa della scarsezza del patrimonio posseduto dal comparente.

659 Si attesta la residenza nel priorato dal 1431.

660 Il fascicolo è molto voluminoso, contenendo numerosi documenti relativi ai numerosi problemi sollevati dalla deputazione soprattutto in merito al fatto che il primo riseduto attestato, Antonio del notaio Cristofano, era in realtà di un ramo trasversale dei comparenti.

riconosciuto prestigio661 [XVII, 19].

  • ZAEPFEL – (1 ottobre 1802). Giovanni, canonico di Strasburgo, e nipote, conti del feudo nobile e castello di Urbeck posto nel vicariato di Poppi (Casentino). Diploma di nobiltà di Lodovico I, con erezione del feudo a maggior titolo di distinzione [LXXI,10].
  • ZATI – (9 agosto 1751). Gaetano. Residenze nelle maggiori magistrature pubbliche dal 1524 (priorato) [VII, 23]