I documenti dell’Archivio di Stato sono stati immessi utilizzando il software “Stazione di lavoro lessicografico” elaborato da Eugenio Picchi dell’Istituto di Linguistica Computazionale del CNR di Pisa.
Ogni documento è identificato da un codice, costituito da tre parti: 1) anno di emanazione, 2) numerazione progressiva della legge all’interno di quell’anno, 3) numerazione progressiva della specifica edizione. Quindi ogni legge è identificata dall’anno di emanazione e da un numero progressivo (ad es. 1574.01). Il codice di un documento bibliografico, invece, ha anche una terza parte indicativa della edizione (ad es. 1574.01.01, 02, 03 etc.). I documenti bibliografici risultano pertanto raggruppati in insiemi che contengono tutte le edizioni di un bando (identificato dai primi 7 caratteri del codice): si va da una sola edizione, in molti casi, a bandi con 7 o 8 edizioni[21].
Ogni documento bibliografico è suddiviso in una serie di informazioni (campi): 1) data di emanazione, 2) data di stampa, 3) secolo (sempre riferito alla stampa), 4) titolo, 5) note tipografiche, 6) riferimenti, 7) note, 8) magistrature, 9) sottoscrittori, 10) banditori, 11) stampatori, 12) luoghi di stampa, 13) luoghi citati, 14) persone citate, 15) granduchi, 16) cose notevoli, 17) soggetti. I campi 1, 2, 8-17 costituiscono un indice.
La data di emanazione: si ricava 1) in primo luogo dal frontespizio, quando nel titolo è specificato “Pubblicato il …”; 2) quando non c’è nel titolo, dall’interno del bando, se c’è in forma di intitolazione, o in fondo al testo; 3) dalla dichiarazione del banditore.
Quando non c’è ma dal testo si può ricostruire un terminus post quem o ante quem, di seguito alla data ricostruita si scrive “post”, “ante” o “circa” (ca), e si spiega nelle note (vedi più avanti) come siamo arrivati a questa ricostruzione. In base al programma, nell’ordine cronologico secondo la data di emanazione una scheda senza giorno, ma con il mese, va in fondo a tutte le altre di quel mese (e così quelle che non hanno neanche il mese vanno in fondo a tutte le altre di quell’anno).
Quando la data di emanazione non c’è nella prima edizione, ma la troviamo in una successiva, nelle note della prima scriviamo: “Per la data di emanazione cfr. l’edizione ….”.
In quei mesi in cui la datazione in stile fiorentino diverge da quella in stile comune, l’anno della data di emanazione scritto nel bando è seguito dalla barra e dall’anno successivo (es. 1575/76).
Quando non c’è data, oppure è stata lasciata in bianco (es. “pubblicato l’anno 15..”), ma c’è una annotazione manoscritta, consideriamo quest’ultima valida come data di emanazione. Ma quando la data stampata è corretta sopra a mano, si considera valida la data stampata, e poi nelle note si dà notizia della correzione manoscritta. Fanno eccezione i casi in cui abbiamo accertato con sicurezza che è un errore di stampa corretto.
Quando non è possibile ricostruire una data di emanazione ma c’è la data di stampa, si presume che il bando sia stato emanato nell’anno in cui è stampato; in tal caso la data di emanazione è seguita da un punto interrogativo.
L’anno di stampa: la presenza del punto interrogativo dopo l’anno di stampa indica che l’anno non c’è ma è ricostruito da noi o dal Bertoli. Quando c’è la data sul frontespizio, ma secondo il Bertoli è una falsa edizione e lui ipotizza un’altra data, noi diamo quella ricostruita, seguita da un punto interrogativo. Abbiamo seguito lo stesso criterio anche negli altri casi identificati da noi come false edizioni.
Nel caso di un bando emanato nei mesi dell’anno in cui lo stile fiorentino si differenzia dallo stile comune, e stampato in quell’anno, nel campo relativo alla data di stampa si integra l’anno riportato dal frontespizio con l’anno secondo lo stile comune (es. 1575/76). Quando invece nel frontespizio non c’è l’anno di stampa ma il Bertoli lo ricostruisce, se dà l’anno secondo lo stile fiorentino noi lo integriamo con l’anno secondo lo stile comune, separato da una barra verticale, e nei riferimenti spieghiamo perché la data ricostruita dal Bertoli viene integrata.
Quando l’anno di stampa è ricostruito in base al testo, è seguito dal punto interrogativo, e nelle note riportiamo quella parte di testo che ha permesso la ricostruzione. Lo stesso criterio è stato seguito nel caso in cui l’anno di stampa è stato ricostruito in base a dati desunti dallo stampatore.
Il titolo: quando non c’è frontespizio, e il titolo è costituito dall’intitolazione, si segnala nelle note. Quando c’è frontespizio, l’intitolazione all’interno del testo si riporta (solo se aggiunge qualcosa al titolo: data, argomento) nelle note solo della prima edizione, e nelle successive edizioni si segnala solo se manca, oppure se è diversa. Nel caso in cui non c’è frontespizio, e neanche intitolazione, si riportano le prime parole del testo, e poi, tra parentesi quadre, l’argomento riassunto dal testo.
Nel titolo le parentesi quadre indicano anche 1) uno spazio bianco lasciato nella stampa, ad esempio il giorno o il mese nella data (in questo caso le parentesi quadre racchiudono uno spazio bianco); 2) una lacuna che noi abbiamo potuto integrare. Una lacuna che non è stato possibile integrare è identificata invece da due parentesi quadre con all’interno dei puntini.
Gli accenti sono normalizzati, ma l’apostrofo è stato lasciato come è nel testo; i punti dopo i numeri sono stati tolti, ma per il resto la punteggiatura è stata lasciata com’è nel frontespizio.
Le abbreviazioni di preposizioni o congiunzioni (ad es. “per”, “et”, “etc.” ) sono state sciolte. Nei casi di parole abbreviate che hanno la parte dopo il punto in esponente, questa è stata abbassata, per esigenze tipografiche.
Gli errori di stampa sono corretti, e nelle note si riporta la parola errata com’è nel titolo, preceduta dall’indicazione: “Front.” o “Intit.”.
Le note tipografiche: se nel frontespizio non ci sono, ma sono in fondo al testo, si riportano precedute da [In fine:]. Nel caso che sul frontespizio siano incomplete e siano poi completate in fondo al testo, si integrano con queste, precedute da [In fine:]. Nel caso che siano parziali ma siano completate dalla ricostruzione proposta dal Bertoli, si riportano come sono sul frontespizio, e poi nei riferimenti citiamo la ricostruzione del Bertoli.
Se un esemplare unico è mutilo nelle note tipografiche, ma noi le possiamo ricostruire dagli esemplari registrati dal Bertoli, mettiamo le note tipografiche ricostruite in parentesi quadra, e poi nei riferimenti citiamo il Bertoli.
Nelle note tipografiche le parentesi quadre indicano inoltre una lacuna che non è stato possibile integrare: in questo caso le parentesi quadre racchiudono dei puntini.
La carta bianca non è stata considerata nel computo delle carte.
Gli errori di stampa sono corretti, e poi nelle note si dà la parola errata, preceduta dall’indicazione: “Front. note tip.” o “Note tip.” (nel caso di fogli volanti).
Nel caso che manchi il luogo di stampa ma sia conosciuto lo stampatore, e sappiamo dove questi stampa, nelle note diamo per sicura questa attribuzione del luogo di stampa, che è poi registrato nell’indice.
I riferimenti: le segnature dell’Archivio sono seguite dalle annotazioni ad ogni singolo esemplare (se è mutilo, etc.).
Talvolta accanto ad una segnatura compare l’icona che permette di visualizzare l’immagine di un frontespizio (o dell’intero foglio se è un foglio volante): nelle note è spiegato poi perché abbiamo ritenuto necessario mettere a confronto due esemplari di una stessa edizione o anche di due diverse edizioni. Questo è utile ad esempio nel caso di errori o varianti all’interno di una edizione, oppure di edizioni con falsa data, o ancora di edizioni diverse anche se dello stesso anno e dello stesso stampatore. Le immagini sono pubblicate su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Citiamo eventualmente l’edizione uguale, presente nelle raccolte della Biblioteca Nazionale e registrata nel libro del Bertoli (per il ‘500) e nel suo lavoro inedito (per il ‘600 e il ‘700). Si riporta il numero del bando, seguito dal numero della edizione; si segnalano inoltre tutti i dati per cui gli esemplari della Biblioteca Nazionale si differenziano da quelli dell’Archivio (es. data diversa, variante di tiratura). Anche in questi casi può essere presente l’icona che rivela l’esistenza di una immagine. Le immagini sono pubblicate su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Le note: solo nella prima edizione si registra:
- magistratura emanante (quando non è specificata nel titolo), riportata tra virgolette nella forma presente nel testo;
- sottoscrittore (sempre in italiano, anche se nel testo è in latino);
- dichiarazione del banditore.
Nelle note delle altre edizioni questi dati sono riportati solo se presentano qualche differenza; si segnala anche la loro mancanza. Inoltre solo nella prima edizione si segnalano anche le altre edizioni di quel bando registrate nel lavoro del Bertoli e non trovate in Archivio, e si riporta l’eventuale confronto con le opere del Cantini (rilevando le eventuali differenze sia nella data, sia nel titolo, sia nel testo), e di Cascio Pratilli- Zangheri[22]. Ancora solo nella prima edizione si registrano:
- i nomi delle persone citate nel testo,
- i luoghi a cui il bando è destinato, quando non compaiono nel frontespizio,
- la notizia che quel bando è ristampato insieme ad un altro, di cui si danno gli estremi.
Quando la data di emanazione non c’è nella prima edizione, ma in una successiva sì, nelle note della prima edizione si legge “Per la data di emanazione vedi l’edizione …”, rinviando all’altra.
Si segnala quando il titolo è tratto non dal frontespizio, ma dall’intitolazione, in caso di mancanza di frontespizio. L’intitolazione si trascrive nelle note quando ha qualche dato in più rispetto al frontespizio.
Si segnalano le varianti di stampa presenti in un esemplare.
Quando due edizioni di una stessa legge hanno titolo diverso, nelle note di ognuna si specifica “Stessa legge di quella con il titolo ….”.
Nel caso in cui ci siano due diverse edizioni di un bando pubblicate nello stesso anno e presso lo stesso stampatore, si segnala nelle note di ognuna “Edizione diversa rispetto a quella precedente [o seguente], stampata nello stesso anno presso lo stesso stampatore”.
Quando in una edizione del bando manca il nome del sottoscrittore, che però è presente nelle altre, nelle note di quella edizione si segnala.
Si segnalano gli errori di stampa presenti nel frontespizio, nell’intitolazione o nelle note tipografiche; si specifica poi se questi sono stati corretti a mano in qualche esemplare.
Nel caso che insieme ad un bando ne venga pubblicato un altro (una modifica, o una aggiunta, oppure semplicemente una legge di argomento simile), nelle note si darà il titolo di questo secondo bando (anche se c’è nel frontespizio), specificando la carta in cui comincia. Il titolo sarà tra parentesi quadre se manca sia nel bando originale, sia nella ristampa. Inoltre si riportano anche gli altri dati relativi al secondo bando (la dichiarazione del banditore, la magistratura e il sottoscrittore), che poi sono registrati nei rispettivi indici. Se il secondo bando è edito anche autonomamente, nelle note della prima edizione di questo si fa un rinvio (“E’ stampato anche nel … insieme con …”). Nel caso che questo secondo bando non abbia edizione autonoma, si fa una scheda “vuota” di rinvio (costituita solo da data di emanazione, titolo e note), nelle cui note sarà scritto “E’ stampato nel … insieme con …”.
Quando la data di emanazione o di stampa è ricostruita in base ad elementi interni al bando o ad altre notizie, riferiamo i dati che ci hanno portato ad ipotizzare quella data.
E’ segnalata la ricostruzione del nome dello stampatore in base alla data di stampa o ad altri elementi dell’edizione, così come, nel caso di una falsa edizione, il nome del vero stampatore.
Nelle note le parentesi quadre indicano:
A) nella dichiarazione del banditore: 1) uno spazio lasciato bianco (in questo caso le parentesi quadre racchiudono uno spazio bianco); 2) la correzione di un errore (“[ma …]”); 3) una lacuna (in questo caso le parentesi quadre racchiudono dei puntini);
B) nel caso di un bando ristampato insieme ad un altro, la mancanza del titolo, sia nella edizione autonoma, sia nella ristampa.
Gli indici: in generale si può dire che tutti i termini sono normalizzati, cioè sono stati ricondotti alla forma comune e non sono state considerate le varianti grafiche presenti nel testo.
I nomi di persona e di luogo sono normalizzati, dopo averli accertati, quando è stato possibile. Il patronimico non è mai stato registrato, tranne in alcuni casi dubbi, quando non si è potuto accertare se sia il patronimico o il cognome.
Le magistrature: il nome della magistratura è tratto dal frontespizio, o, nel caso che lì non ci sia, dal testo: in questo caso è riportato nelle note della prima edizione, nella forma in cui è nel testo, tra virgolette. Sono state uniformate le piccole varianti di forma, ad es. tra “Ufficiali d’onestà” e “Ufficiali dell’onestà” è stata scelta la prima forma, ma troviamo “Riformatori dell’Arte della seta o di Por Santa Maria” accanto a “Riformatori e Conservatori dell’Arte della seta o di Por Santa Maria”.
Quando le magistrature indicizzate sono due e nelle note non è specificato niente, vuol dire che il bando risulta emanato da due magistrature.
Nel caso che una edizione pubblichi due o più bandi insieme, e le magistrature siano diverse, vengono registrate tutte, specificando nelle note a quale bando si riferiscono.
Quando nel testo insieme alla magistratura c’è il nome proprio del magistrato, diverso dal nome del cancelliere che firma il bando, è stato indicizzato tra le persone citate, dopo che nelle note è stato specificato chi è.
L’indice è preceduto da un elenco di “parole chiave”: partendo da quelle si possono rintracciare tutte le magistrature relative, con l’ausilio delle tecniche di ricerca messe a disposizione dal browser utilizzato.
I sottoscrittori: quando il sottoscrittore c’è nella prima edizione, ma in una successiva non c’è, nell’indice di questa non registriamo il nome, e nelle note diamo la notizia che manca.
Nel caso che una edizione contenga due o più bandi insieme, e i sottoscrittori siano diversi, vengono registrati tutti, specificando nelle note a quale bando si riferiscono.
I banditori: se il nome manca in una edizione, nelle note si segnala il fatto, e nell’indice di quella edizione non si registra.
Quando in una edizione sono pubblicati due o più bandi insieme, e i banditori sono diversi, vengono registrati tutti, e nelle note si specifica a quale bando si riferiscono.
I luoghi citati: si registrano i nomi di luogo (con esclusione di Firenze) che si trovano nel titolo, ma anche nel testo, quando il bando riguarda solo alcuni luoghi (a meno che non siano in gran numero, più di 10). Ad es. vengono registrati i nomi delle bandite di caccia, ma non quando sono contenute in un bando generale sulla caccia, perché in tal caso le bandite possono essere anche una ventina, o più.
Per il nome dei luoghi stranieri, si è registrata la forma italianizzata qualora sia presente nei repertori; se non è stata trovata, il nome è stato lasciato come è nel testo. Nel caso che un luogo sia citato con la doppia forma del nome ovvero in due lingue diverse (es. tedesco e ungherese), ne è stata indicizzata una sola.
Le persone citate: vengono registrati i nomi di persone citate nel titolo o nel testo del bando; in tal caso nelle note spieghiamo chi sono.
La forma presente nel testo è riportata nelle note tra virgolette (es. “Giordano” per “Giordani”), quando il nome è stato accertato e normalizzato. I nomi propri stranieri sono stati lasciati nella lingua originale.
Le piccole varianti di forma sono state uniformate direttamente (es. “Davit” diviene “David”).
Gli stampatori: oltre al nome dello stampatore, si registrano anche:
- il luogo in cui è posta la stamperia (es. “Garbo, in via del”),
- l’insegna della stamperia (es. “Stella, all’insegna della”),
- la denominazione “Stamperia Ducale” e simili.
Quando il nome dello stampatore non c’è, ma è stato possibile ricostruirlo, lo registriamo all’indice. Lo registriamo anche quando è stato ricostruito dal Bertoli. Quando nel frontespizio c’è il nome dello stampatore, ma in realtà lo stampatore è un altro, all’indice si registra quest’ultimo.
Quando il frontespizio ha solo il cognome dello stampatore ma noi sappiamo con sicurezza anche il nome, nell’indice lo registriamo completo.
Sono state uniformate le piccole varianti di forma (es. “Uffizio” diviene “Ufficio”). Nel caso di varianti nelle insegne o negli indirizzi delle stamperie, sono state lasciate così come sono (es. “Badia, alle scale di” insieme a “Badia, rincontro alle scale di”). Sono state sciolte solo le abbreviazioni parziali nelle ragioni delle stamperie (es. “Stampat. Arcivesc.” diviene “Stampatore arcivescovile”, “Stamp. di S.A.S.” diviene “Stamperia di S.A.S.”)
I granduchi: quando una edizione raccoglie due o più bandi emanati da granduchi diversi, vengono registrati i nomi di tutti i granduchi interessati. Il nome del granduca è stato sempre registrato, anche quando il testo non fa esplicito riferimento al fatto che è stato emesso per volontà granducale (vedi lettere circolari).
Tra i granduchi sono state registrate anche le due granduchesse Maria Maddalena d’Austria e Cristina di Lorena, rispettivamente moglie e madre di Cosimo II: avevano piena sovranità e quindi facoltà di legiferare nei confronti dei territori di Colle di Val d’Elsa e San Miniato la prima, di Montepulciano e Pietrasanta la seconda.
L’indice è corredato ad ogni voce da note contenenti un sintetico prospetto cronologico con le principali date della vita di ogni granduca.
Le cose notevoli: sono stati indicizzati tutti i termini degni di nota presenti nei titoli (o, nel caso non vi sia titolo, negli incipit). I nomi sono registrati sempre al singolare, i verbi all’infinito. Si registrano anche i lemmi presenti nel titolo, riportato nelle note, di un bando pubblicato insieme ad un altro.
I nomi delle Arti sono registrati come sono nel testo; vi sono poi dei rinvii di collegamento: es. “Arte di Por San Piero” vedi anche “Arte dei fabbricanti”; “Arte di Por San Piero e fabbricanti”.
Altri rinvii vi sono anche per altri termini, ad esempio i sinonimi: si veda “accattare” e “mendicare”. E’ stato fatto un rinvio incrociato: sotto “accattare”, “vedi anche mendicare”; sotto “mendicare”, “vedi anche accattare”. Vi sono anche altri rinvii, da una parola che non è presente nell’indice alla sua variante presente nell’indice: es. “avena vedi vena”.
Per molti termini l’indice è su due livelli: c’è un termine principale, e poi un sotto-indice con una serie di termini legati al primo. Ad es. in riferimento al termine generale “olio” ci sono delle sotto-voci come “portata”, “estrazione”, “esito” etc.
I soggetti: i documenti sono raggruppati in pochi grandi gruppi, secondo l’argomento (o gli argomenti) di una legge. Vi sono anche qui dei rinvii “vuoti”: ad es. avendo raggruppato i documenti in una categoria “assistenza e beneficienza”, sotto “beneficienza” c’è un rimando alla voce “assistenza e beneficienza”.
Note:
* Per i documenti dal 1532 al 1574 e dal 1670 al 1723.
** Per i documenti dal 1574 al 1670 e dal 1723 al 1737.
[1] Cfr. Bibliografia delle edizioni giuridiche antiche in lingua italiana, Testi statutari e dottrinali dal 1470 al 1700, Firenze, Olschki, 1978, voll. 2.
[2] Cfr. BEGA, Testi statutari e dottrinali dal 1701 al 1800, Firenze, Olschki, 1993, voll. 6 (Bibliografia cronologica a cura di M. CASO CHIMENTI, F. GIOVANNELLI ONIDA e M. C. VIGNI PECCHIOLI, Indici a cura delle autrici e di L. PAPINI).
[3] Cfr. BEGA I, vol. 1, Avvertenze, p. LI.
[4] Angelo Domenico Scacciati è eletto, il 6 giugno 1710, cancelliere degli Ufficiali di decima e vendite: cfr. ASF, Magistrato Supremo 4329, c. 54r.
[5] voll. XXXII, Firenze, Albizzini, 1800-1808. Tutta l’opera del Cantini è ora pubblicata in un CD-Rom: Legislazione toscana raccolta e illustrata dal dottore Lorenzo Cantini, ristampa digitale a cura di MARIO MONTORZI, Edizioni ETS, Pisa, 2006.
[6] Cfr. ad es. l’Editto delle prohibizioni dell’ingresso delle meretrici. In alcune chiese, ed altri luoghi pij della città et diocesi di Firenze del 9 settembre 1577, emanato da Sebastiano dei Medici, vicario di Alessandro dei Medici arcivescovo di Firenze, l’Editto per le congregazioni de curati della città et diocesi aretina del 15 novembre 1594, emanato e sottoscritto da Pietro Usimbardi vescovo di Arezzo, e la Rinnovatione delle bandite di caccie, pescagioni, et uccellagioni dello stato di Bracciano del 20 settembre 1596, emanato da Virginio Orsini duca di Bracciano. Questi era il figlio di Paolo Giordano Orsini e Isabella dei Medici, figlia di Cosimo I. Sono state escluse anche le Censure, e pene fulminate da Innocenzio PP. VIII contro i notai, che non notificano le disposizioni testamentarie, e contro altri dannificatori de’ proventi, e beni dell’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze, richiamate in vigore da Leone Strozzi arcivescovo di Firenze il 30 aprile 1701.
[7] Cfr. ASF, Regia Consulta 2.57.
[8] Cfr. 1561.11.01, 1562.08.01.
[9] Cfr. ad es. gli Statuti e riforma della gabella de beni in pagamento del 23 maggio 1503, stampati nel 1575, 1570-80?, 1619 e 1673 (1503.01.01-04), e tutti gli altri provvedimenti anteriori al 1532.
[10] Cfr. 1677.18.01, 1690.22.01, 1703.19.01, 1706.13.01. Questi ultimi due provvedimenti sono intitolati Notificazione ed invito.
[11] Cfr. ad es. 1630.52.01, 1630.53.01, 1630.54.01, 1723.11.01.
[12] Cfr. ad es. 1624.18.01, 1630.50.01, 1720.27.01, 1721.01.01, 1722.01.01.
[13] Cfr. ad es. 1632.21.01.
[14] Cfr. 1659.13.01.
[15] Cfr. 1628.10.01.
[16] Cfr. 1637.06.01.
[17] Cfr. 1632.10.01, 1632.25.01, 1632.26.01.
[18] Cfr. ad es. 1722.18.01, 1722.21.01.
[19] Cfr. ad es. 1697.04.01.
[20] Leggi e bandi del periodo mediceo posseduti dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Firenze, Titivillus, 1992.
[21] Cfr. ad es. 1542.02 (6 edizioni), 1545.03 (7 edizioni), 1549.03 (4 edizioni), 1549.09 (9 edizioni), 1574.17 (7 edizioni), 1581.09 (6 edizioni), 1582.05 (8 edizioni).
[22] Cfr. G. CASCIO PRATILLI-L. ZANGHERI, La legislazione medicea sull’ambiente, I bandi, Firenze, Olschki, 1994, voll. 2.
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