Alla circolarità della perfezione divina si coniuga la geometria acuta di sideree costellazioni. La luce dei cieli più alti sovrasta, dunque, l’oscurità del cosmo, indicando la fonte della salvezza. È il Paradiso dantesco, ove Dante pellegrino si affaccia, stupito, a mirare le stelle e gli angeli. Nel XXIII Canto del Paradiso, il sommo Poeta, guidato da Beatrice, si porge, timoroso, al cospetto della Vergine celeste. L’umano si piega alla luce abbagliante del Divino e le cure terrene si affievoliscono nello stupore del canto e della melodia.
ENZO DALL’ARA
filosofo e storico dell’arte