Leggi di successione dinastica

Si definisce legge di successione dinastica il complesso di norme che regolano famiglie reali o dinastie in merito alla successione al trono e all’appartenenza alla dinastia stessa, dalla quale deriva il diritto a uno specifico rango, titolo e trattamento, e, conseguentemente, l’idoneità a ricoprire determinate cariche dello Stato, come nel caso della reggenza.

Tale complesso di norme rientra nell’ambito del diritto dinastico e di quello pubblico e si distingue dalla successione civile, regolamentata dal diritto civile.

Introduzione

Le norme di successione dinastica stabiliscono i requisiti per la titolarità dei diritti di accesso al trono: esse normalmente distinguono una linea reale o principesca all’interno della quale si trasmette la corona.

Le norme di successione hanno come principale finalità quella di facilitare la trasmissione della corona in modo da evitare dispute per la conquista del potere; per questo motivo esse, normalmente, prevedono dei meccanismi automatici, senza che vi sia bisogno di una preventiva designazione da parte del sovrano “uscente” o di altro organo. Questa automaticità della successione è spesso sintetizzata nella formula “il Re è morto, lunga vita al Re”.

Le leggi di successione non hanno per oggetto lo Stato, bensì la dinastia che ha giurisdizione sovrana sullo Stato. Per questo motivo, talvolta, dette leggi non si trovano espresse nelle Costituzioni dei Regni, in quanto queste ultime regolano i rapporti tra gli organi dello Stato o stabiliscono i principii fondamentali della convivenza civile nello Stato, mentre per la successione si rinvia, più o meno esplicitamente, a norme – scritte o non scritte – particolari e proprie della dinastia. Talvolta uno Stato dispone di una propria legge di successione che può divergere da quella della dinastia regnante, come nei casi dell’Hannover o del Lussemburgo.

Formazione delle leggi di successione

Conclusasi l’epoca carolingia, caratterizzata dal principio di spartizione territoriale tra i discendenti maschi del sovrano, con l’affermarsi delle monarchie dinastiche ereditarie e gettate le prime basi del lungo processo di formazione dello Stato moderno, si diffonde in Europa la legge di primogenitura, normalmente accompagnata dalla prevalenza della discendenza maschile su quella femminile, in modo da rafforzare il potere e la ricchezza della dinastia, evitando il frazionamento di proprietà e diritti. Francia, Italia sabauda, monarchia Asburgica e la maggior parte dei regni e principati tedeschi seguivano la legge salica, che esclude la discendenza femminile dalla successione al trono, salvo estinzione del ramo maschile.

In Spagna è in discussione l’eliminazione della regola di prevalenza della discendenza maschile su quella femminile come già è avvenuto in alcune monarchie nordiche.

Differentemente che in Europa, molti paesi islamici hanno adottato una diversa legge di successione, che non tramanda il potere di padre in figlio, ma “secondo il principio del parente maschio più anziano e capace: questo avviene tuttora in Arabia Saudita, mentre da poco è stata modificata la successione in Giordania in senso più favorevole alla primogenitura.

In Europa le leggi di successione dinastica cominciano a fissarsi a partire dal XIII secolo e vengono incorporate nelle cosiddette Leggi Fondamentali dello Stato: esse regolano la modalità di successione (ad es. primogenitura maschile), stabilendo quali siano i requisiti per essere considerati candidati alla stessa. Infatti, non basta essere membri della Famiglia Reale, e per rientrare in detta categoria occorre essere legittimi discendenti (per linea usualmente, ma non sempre, maschile) del principe sovrano dello Stato in questione, ma occorre rispettare un codice di onore e di sottomissione alla monarchia che si manifesta in pieno nel contratto matrimoniale: in tutte le leggi di successione dei regni e principati d’Europa si riscontra l’obbligo di contrarre matrimoni tra pari e con il preventivo assenso del sovrano, che in casi del tutto eccezionali può acconsentire a un’unione diseguale o ammettere alla successione rami non dinastici. Questo obbligo di contrarre matrimoni tra pari è previsto da quelle regole che normalmente si fanno rientrare, per estensione, nella categoria di Legge salica.

Un caso storico sulla necessità dell’approvazione regia è offerto da Gastone d’Orléans, fratello del re di Francia Luigi XIII, il cui matrimonio con Margherita di Lorena, perfettamente paritario, venne annullato a causa della mancata autorizzazione del Re, che minacciava l’esclusione del fratello dalla successione. L’autorizzazione negata rientrava nei giochi di potenza tessuti dal re di Francia e dal suo consigliere, il cardinale Richelieu.

Dopo la seconda guerra mondiale, a seguito dell’affermarsi dell’ordine liberal-democratico (a prevalenza repubblicana) internazionale nel quale la rilevanza della monarchia si è ridotta in modo più che sensibile, i matrimonî dinastici e politici sono a loro volta diminuiti. Al recente matrimonio visibilmente diseguale del principe delle Asturie con una borghese non è potuto però mancare il necessario assenso del re. Nei Paesi Bassi il diritto di autorizzare o meno il matrimonio di un membro della famiglia reale è riconosciuto anche al parlamento, che – non essendo “consultato” nel 2004 – ha fatto escludere dalla successione il principe Hans Friso a causa delle sue discusse nozze. Per quanto riguarda la discendenza da matrimoni in seguito dichiarati nulli dall’autorità ecclesiastica, normalmente le si riconoscono i diritti di successione come discendenza pienamente legittima, ma la storia ha dato esempi anche contrari.

Evoluzione storica

Ricordiamo alcune date significative nell’evoluzione del diritto di successione al trono in alcuni paesi europei o per alcune dinastie:

  • Danimarca: nuove disposizioni del 1953 che limitano i componenti della Famiglia Reale e gli ammessi alla successione.
  • Regno Unito: Act of Settlement (1701), Royal Marriages Act (1772).
  • Russia: leggi emanate da Paolo I nel 1797.
  • Granducato di Toscana: Decreto di Cosimo III del 26 Novembre 1713, approvato dal Senato Fiorentino; Motu proprio di Cosimo III del 25 Ottobre 1723; testamento della Granduchessa Titolare di Toscana Anna Maria Luisa, Elettrice Palatina, del 1739 e successivi codicilli.
  • Regno d’Italia: Regie Lettere Patenti del 1780, Regio Editto del 1782, Regio Statuto del 1848, Codice Civile del 1865 e del 1942.
  • Due Sicilie: Prammatica Sanzione del 3 ottobre 1759 con cui Carlo III regola la successione dei regni di Spagna, Napoli e Sicilia, nonché del ducato di Parma e Piacenza.
  • Spagna: Pragmatica Sanzione del 1767 emanata da Carlo III (esclude dalla successione chi contrae matrimonio con coniuge non di sangue reale).

Modifica delle leggi di successione

Il cambiamento delle leggi di successione ha causato nella storia numerosi conflitti tra coloro che perdevano i loro diritti e coloro che invece vi venivano ammessi. Alcuni esempi sono le guerre di successione europee del XVIII secolo o le guerre carliste in Spagna e migueliste in Portogallo. In effetti, similmente a quanto avviene nel diritto internazionale nel caso della formazione di nuove norme consuetudinarie, la modifica di una legge di successione implica la violazione dell’antica legittimità, instaurandone una nuova e causando una serie di dispute connesse alla negazione di diritti acquisiti; è per questo che tale operazione deve avvenire il più possibile in modo condiviso e con il consenso di tutti i principi ammessi alla successione e può eventualmente essere seguita o accompagnata da un pronunciamento del parlamento o degli organi più autorevoli dello Stato.

Tradizionalmente il re, se è sciolto dall’osservanza delle leggi che egli stesso sanziona (legibus solutus,), è comunque sottomesso alle “leggi fondamentali del Regno”, secondo un’espressione in voga ai tempi di Richelieu, cioè le leggi che regolamentano la successione, l’adesione a una certa religione e l’insieme di norme morali e di rispetto delle tradizioni del regno, che in realtà resteranno scarsamente definite e permetteranno l’opera riformistica e razionalizzatrice delle monarchie assolute.

Un cambiamento delle leggi di successione ha anche implicazioni internazionali visto che può alterare gli equilibri di alleanze basati sui rapporti familiari fra dinastie regnanti.

Il caso delle famiglie non regnanti

«Per tutte le famiglie reali la fedeltà alle proprie leggi tradizionali è una condizione indispensabile di esistenza. Questa fedeltà è l’unica salvaguardia delle famiglie reali deposte. Senza questa fedeltà ci sarebbero solo il capriccio e l’arbitrio, con tutte le loro conseguenze: l’invasione, la violazione dei diritti degli altri, conflitti e rovine.»
(Filippo VIII d’Orléans, dichiarazione del 15 luglio 1901)

Se le modifiche alle leggi di successione di una dinastia regnante possono sollevare delle crisi di legittimità, nel caso delle famiglie non più regnanti, queste non fanno altro che alimentare dispute dinastiche che indeboliscono le potenzialità di restaurazione. Occorre vagliare meticolosamente l’autorità con la quale il capo della Casa dà luogo alla modifica, se cioè abbia il potere di farlo, e verificare che tale atto sia riconosciuto come legittimo dagli altri membri. Normalmente, i pretendenti dell’età precedente al secondo dopo guerra, e in particolare i conti di Parigi, quando ancora vivo era il principio monarchico, si riconoscevano esclusivamente il diritto di interpretare, attuare e difendere le leggi dinastiche e non quello di modificarle.

Matrimoni reali

Normalmente si distinguono tre tipi di matrimonio: tra pari (omogamici), cioè tra persone di uguale condizione; ipogamici, cioè contratti con una persona di condizione inferiore; e ipergamici, ovverosia contratti con una persona di condizione più elevata. Nel caso delle famiglie reali è difficile immaginare casi di matrimoni ipergamici, non riconoscendo per definizione nessuno al di sopra della condizione regia. Tuttavia vanno ricordati i casi più recenti del Margravio Max di Baden con l’arciduchessa Valerie d’Austria-Toscana, il principe ereditario Alois di Liechtenstein con la duchessa Sophie in Baviera, il conte Friedrich Karl di Schönborn-Buchheim con la principessa Isabelle di Francia, il principe Richard di Sayn-Wittgenstein-Berleburg con la principessa Benedikte di Danimarca, il conte ereditario Karl Eugen di Neipperg con l’arciduchessa Andrea d’Austria.

I matrimoni tra pari (omogamici)

Elisabetta II del Regno Unito e Filippo di Edimburgo.

Si considerano matrimoni fra pari quelli contratti fra membri di case sovrane, anche se non più regnanti. I matrimoni omogamici costituivano la regola fino alla fine dell’Ottocento e sostanzialmente fino alla fine della prima e della seconda guerra mondiale.

A seguito però della caduta delle monarchie spazzate via dalle due guerre, essendosi affermati i valori liberal-democratici borghesi con una forte pregiudiziale repubblicana, le famiglie reali hanno adottato costumi sempre più borghesi e conseguentemente i matrimoni fra reali sono progressivamente diminuiti. È indubbio che questo implichi una definitiva resa della monarchia intesa in senso tradizionale: una rinuncia a quei valori fondati sull’onore, sulla reputazione e sulla venerazione della tradizione e delle glorie della propria dinastia, da parte degli stessi membri delle famiglie reali. L’obbligatorietà del matrimonio fra pari si fonda oggi come in passato, infatti, su considerazioni di natura politica e di prestigio, manifestazione dell’importanza della dinastia all’interno degli affari di Stato come nelle relazioni internazionali, e di onore e orgoglio dinastico. Tutto questo è ed era strettamente connesso al principio del diritto di sangue, cioè dell’eccellenza del sangue regale, alla base dell’autorità regia tradizionale.

Bisogna notare comunque che i criteri per stabilire la pari condizione variano da Casa a Casa: per esempio, mentre la maggior parte delle case reali dei grandi stati europei richiedono o richiedevano nozze con membri di case sovrane, le case sovrane dei Paesi Bassi, del Belgio e del Regno Unito richiedono solo nozze con persone dell’alta aristocrazia.

Venendo ai giorni nostri, esempi di matrimoni omogamici, quindi “nozze principesche”, sono quasi tutti quelli dell’attuale generazione reale: il re Juan Carlos I di Spagna con Sofia di Grecia e Danimarca, la regina Elisabetta II del Regno Unito con Filippo di Grecia e di Danimarca-MountbattenAmedeo di Savoia con Claudia d’Orléans, il re Costantino II di Grecia con Anna Maria di Danimarca, il re Michele I di Romania con Anna di Borbone-ParmaOtto d’Asburgo con Regina di Sassonia-MeiningenEnrico d’Orléans con Maria Teresa di WürttembergMaria Wladimirovna Romanova con il principe Franz Wilhelm di Prussia, Antonio di Borbone Due Sicilie con Elisabeth di Württemberg, Ernst August di Hannover con Carolina di MonacoAlessandro II di Jugoslavia con Maria da Gloria d’Orléans-Braganza.

I matrimoni ipogamici: diseguali autorizzati, morganatici e non autorizzati

Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este e Sofia Chotek

Alcune Case, come accennato, considerano omogamico qualsiasi matrimonio aristocratico (almeno con l’alta aristocrazia). Invece in altre è vietato ogni matrimonio con persona né titolata né nobile. In particolare la Russia ha una legge di successione veramente restrittiva, che esclude le nozze con coniugi non appartenenti a famiglie reali, anche se di antica e prestigiosa nobiltà.

Spesso le case reali ammettevano matrimoni con esponenti di grandi famiglie nobili, che rientravano in una categoria ben precisa, come nel caso della nobiltà tornearia per gli Asburgo o i pari del regno (lord) nel Regno Unito. I matrimoni con la bassa nobiltà erano evitati e se contratti erano normalmente considerati morganatici: è il caso del matrimonio dell’arciduca Francesco Ferdinando con la contessa Sofia Chotek. I matrimoni diseguali non autorizzati comportano la perdita dei titoli e dei diritti di successione.

Ai nostri giorni il matrimonio diseguale è divenuto frequentissimo, tanto da far parlare di crisi definitiva degli ideali monarchici tradizionali.