LEGGE SULLA NOBILTA’ TOSCANA del 31 Luglio 1750

(Valida come attuale regolamento della Nobiltà Toscana Medicea

Nel di 9. Settembre 1814 il Granduca Ferdinanando III di Asburgo Lorena Toscana emanò un Editto del seguente tenore:”Tutte le disposizioni contenute nella Legge pel regolamento della Nobiltà „ e Cittadinanza del 1. Ottobre 1750 sono ripristinate nel Granducato  e la Legge predetta è richiamata alla sua precisa osservanza. L’istruzione pei Deputati sopra la Nobiltà annessa a questa Legge, e tutti i Regolamenti speciali e Ordini ,che vegliarono in Toscana in materia di Nobiltà e Cittadinanza fino all’ 8. Aprile 1808, sono di nuovo approvati,  e ne viene imposta l’inviolabile esecuzione

Questa legge rimase in vigore fino alla cessazione del Granducato di Toscana avvenuta nel 1859 e la successiva introduzione della Consulta Araldica del Regno di Italia e della legislazione nobiliare Sabauda.

Il 24 Aprile 2023 il Granduca Ottaviano de’Medici di Toscana, Granduca di Toscana Titolare, ha voluto ripristinare integralmente la legge Nobiliare Toscana del 1750 e renderla il regolamento per l’ammissione al Libro d’Oro della Nobiltà Toscana Medicea e il mantenimento dello status Nobiliare da parte degli iscritti.

Il regolamento “comunitativo” citato nella legge, in base al quale dovevano essere versate le tasse di adesione e quelle di iscrizione annuale al libro d’oro, è ora sostituito dall’attuale regolamento di adesione agli Albi Medicei.

TESTO DELLA LEGGE

  • Per levare ogni dubbio circa allo stato delle persone, e distinguere chiaramente tra i nostri fedeli sudditi i veri Nobili, ai quali solamente nella nostra Legge sopra ifidecommissi e primogeniture è piaciuto a noi permettere in avvenire l’instituzione, e per altri giusti motivi ancora, di nostra certa scienza, e colla pienezza della nostra su prema potestà determiniamo e diamo osservarsi rispetto alla nobiltà e cittadinanza di questo nostro Gran-Ducato i seguenti ordini. ( Motup. 31. Luglio 1750in princ. )

1.Riconosciamo Nobili esser tutti quelli che posseggono o hanno posseduto feudi nobili, e tutti quelli che sono ammessi agli ordini nobili, o hanno ottenuto la nobiltà pei diplomi nostri o de’ nostri antecessori, e finalmente la maggior parte di quelli che hanno goduto o sono abili a godere presentemente il primo e più distinto onore delle Città nobili loro patrie, e Cittadini quelli che hanno o sono atti ad aver tutti gli ordini delle Città, fuori che il primo. Perciò ordiniamo che nelle nobili Città di Firenze, Siena, Pisa, Pistoja, Arezzo, Volterra, Cortona, S. Sepolcro, Montepulciano, Colle, s. Miniato, Prato, Livorno, e Pescia le enunciate nobili famiglie si registrino per tali pubblicamente in un nuovo libro a parte, e che le rimanenti ammesse a tutte le borse, fuori che alle prime, restico scritte come avanti per Cittadini ai libri pubblici, nel modo e forma, e coi requisiti sotto espressi (d. Art. 1.)

2. Nelle prime 7. antiche Città di Firenze, Siena, Pisa , Pistoja , Arezzo, Volterra, e Cortona, vogliamo che tal descrizione di nobili si faccia distinta in due classi, alla prima delle quali diano il nome di nobili Patrizj, all’altra quello solo di nobili. (d. Art. 2.)

3. E nelle 7. rimanenti Città meno antiche comandiamo che si scrivano per ora tutti i nobili indistintamente sotto l’unica classe della nobiltà. Riservando a Noi ed ai nostri successori GranDuchi di graziare a suo tempo benignamente esse ancora della distinzione del Patriziato. (d. Art. 3. )

4. Dichiariamno che le rimanenti Città del nostro Granducato quivi non espresse non possono avere il rango nobile, per esservi nelle medesime, attesa la poca popolazione, stati am inessi senza alcun riguardo al godimento del primo onore tutti gli abitatori più benestanti. ( d. Art. 4. )

5. Tra le famiglie nobili delle respettive antiche Città ordiniamo nella classe de’ Patrizj si descrivano tutte le famiglie nobili di cui sono state ricevute le provanze per giustizia al nostro Ordine di S. Stefano, e tutte le altre famiglie nobili, che in virtù di qualunque altro requisito enunciato nell’Art. 1. proveranno la continuazione della propria nobiltà per lo spazio di anni 200. compiti. ( d. Art. 5. )

6. Nella classe de’nobili nelle nominate antiche Città vogliamo che si registrino tutte le famiglie discendenti da soggetti ricevuti nel nostro Ordine di S. Stefano, e tutte le altre famiglie nobili, che non potranno concludere le loro prove pel sopra sta bilito corso di tempo. Nelle altre 7. meno antiche Città, ove non è che la classe de’ nobili, ordiniano che vi si scrivano indistintamente tutte le famiglie nobili ammesse nel nostro Ordine di S. Stefano, e tutte le rimanenti famiglie per qualsivoglia altro giusto titolo, come sopra capace di provare la loro nobiltà. I nativi delle altre Citta, Terre, o Luoghi del nostro Granducato, che fossero già ricevuti, o si riceveranno in avvenire nel nostro Ordine di S. Stefano, o veramente fossero stati, o saranno per diplomi nostri, o de Gran-Duchi nostri antecessori, crcati nobili, si registrino nella classe della nobiltà della Città fra le sopra espresse la più vicina al luogo della loro origine o abitazione ; non potendo per altro esercitare le Magistrature, se prima non vi paghino le gravezze, o vi acquistino il domicilio a tenore delle Leggi veglianti, degli statuti locali, e della consuetudine. ( d. Art. 6. )

7. Tutte le soprannominate famiglie e persone comandiamo che siano ammesse alle respettive classi dei Patrizj, e dei nobili, purchè mantengano presentemente col dovuto splendore la nobiltà loro trasmessa dai loro antenati, escluse assolutamente quelle che hanno derogato alla medesima per l’esercizio di arti vili, o per qualsivoglia altra causa di cui si faccia menzione più sotto all’Art. della perdita della nobiltà. (S 31. segg.) (d. Art. 7.)

8. Delle famiglie e persone ammesse da 50. anni in quà ai primi onori delle Città soprannominate non intendiamo riconoscere per nobili, e perciò ordiniano che non si registrino nella classe della nobiltà, se non quelle, che, acquistatovi il domicilio, ed imparentatesi nobilmente, posseggono nel comune delle medesime Città , o altrove, tanti effetti e beni da poterne colle rendite viver decorosamente, e stabilire in tal forma la nobiltà nuovamente acquistata, o che ne abbiano ottenuto o ne otterranno da noi una special grazia. (d. Art. 8.)

9. Nel nostro Archivio di Palazzo in Firenze, detto già delle Riformagioni, sarà fatta avanti i Deputati la pubblica descrizione delle due classi dei Patrizi e dei nobili, coi dovuti esami e riscontri delle domande e recapiti ammissibili, secondo la nostra istruzione pubblicata in questo stesso giorno. ($ 39. segg. ) (d. Art. 9.)

10. All’effetto di far la nuova descrizione, ordiniamo a tutti i capi delle case nobili fiorentine, che a tenore dei medesimi hanno da essere scritti colle loro famiglie nell’una o nell’altra classe, di presentare nel detto Archivio di Palazzo ai Deputati le loro domande coi loro documenti autentici ed in buona forma ; quali documenti e domande parimente vogliamo che in Siena si esibiscano avanti il nostro Auditor generale di quella Città , e nelle restanti Città sopra espresse avanti i respettivi loro Giusdicenti. Questi, compiti i comandati riscontri ai libri esistenti sul luogo, rimetteranno tutto immediatamente ai Deputati sopraddetti, nel modo e forma ordinata loro in detta nostra istruzione. (d. Art. 10.)

11. Terminati poi i registri originali del patriziato e della nobiltà, che debbono sempre conservarsi nell’Archivio di Palazzo, incarichiamo il nostro Segretario di Stato di farne fare immediatamente le copie, e sottoscritte di sua mano, e munite del nostro imperiale sigillo, mandarle in ciascheduna delle respettive Città per ivi tenersi negli Archivj di esse. . Art. 11.)

12. Ogni volta che nascerà un figliuolo o figliuola legittimo e naturale in alcuna famiglia patrizia o nobile, sarà cura del capo di casa di farlo prontamente scrivere in queste copie, portandone perciò al Giusdicente la fede autentica del battesimo, o sivvero potrà inviarla a Firenze nell’Archivio di Palazzo, affinchè ivi sia scritto subito nel libro originale, è dato l’ ordine per farlo notare dipoi anco nel libro della sua patria. (d. Art. 12.)

13. Comandiamo espressamente all’Auditore generale di Siena, e a tutti gli altri Giusdicenti delle sopra nominate Città, di rimettere in Firenze alla fine di ogni anno la nota dei natị fatti da loro descrivere nei registri, colle filze delle fedi del battesimo, facendo consegnar tutto in mano del Segretario di Stato, o nell’Archivio di Palazzo, acciò siano scritti parimente nei respettivi originali registri ivi esistenti. Tanto ancora si osserverà dai capi delle famiglie nobili fiorentine nel portare all’Archivio di Palazzo le fedi delle nascite per far descrivere la loro prole legittima e naturale ai registri della propria classe. (d. Art. 13.)

14. Riconosciamo i descritti in tal forma nei registri del patriziato e della nobiltà pei soli nobili del nostro Granducato; ai quali solamente, oltre alle altre prerogative e privilegj soliti , intendiamo di
aver concesso ultimamente quello di potere instituire le primogeniture e fidecommissi. Nè i Patrizj avranno altra prerogativa di più dei nobili che la sola precedenza sovra di essi in tutte le pubbliche adunanze e funzioni. ( d. Art. 14.)
15. Da ciascuno di questi registri eleggeremo noi ogni anno per turno nella Città di Firenze e Siena otto soggetti, e nelle altre Città sei, la metà sempre delle respettive classi del patriziato, col titolo di Nobili rappresentanti il corpo della Nobiltà della loro patria.
Questi Nobili rappresentanti assisteranno ed informeranno in ogni affare concernente la materia della nobiltà della loro patria il nostro Segretario di Stato, e saranno in ogni tempo i testimonj da esaminarsi dai Cavalieri assistenti in occasione di provanze pel ricevimento di qualunque persona agli Ordini nobili; e in caso che tra essi vi fosse alcuno parente del pretendente, o interessato altrimenti in causa , permettiamo allora sì al Segretario di Stato che ai Cavalieri deputati di servirsi in luogo di quello di altro soggetto eletto a loro piacimento dalla respettiva classe. ( Ivi 
– Concediamo loro per ispecial privilegio di cuoprire e sedere avanti qualunque anco supremo Magistrato delle Città, e vogliamo che sia di loro privativa incombenza, esclusivamente ad ogni altro, di far l’ufficio di Paciarj: con intromettersi a fare aggiustamenti tra nobili e nobili, o tra nobili e persone d’inferiore condizione, quando però l’affare o di sua natura, o a richiesta delle parti interessate , non debba terminarsi giuridicamente avanti il Magistrato ordinario. ( Ivi )
– Nella Città di Firenze, in tutte le pubbliche funzioni, ove assista il nostro R. Consiglio di Reggenza, dovranno essi essere immediatamente al di lui seguito in abito di gala avanti i Magistrati, anco del Supremo di detta Città. ( Ivi ) (a) (a) I ranghi e le precedenze oggi vengono regolate da Ordini e consuetudini , per lo più, locali.
– E parimente in tutte le pubbliche funzioni della Città di Siena e delle restanti nobili Città del Gran-Ducato, nelle quali intervenga tutto il corpo delle Magistrature, dovranno eglino, messo nel primo luogo l’Auditor generale, o altro respeltivo Rettore, avere il passo avanti il Gonfaloniere, o altro primo Magistrato della propria Città, quale seguiterà di poi a precedere tutti gli altri Magistrati secondo il consueto; non ostante qualunque ordine, privilegio sì nostro che de’ nostri antecessori Gran-Duchi, legge, o consuetudine immemorabile in contrario : alle quali cose tutte di nostra certa scienza e colla pienezza della nostra su prema potestå deroghiamo in questo capo solamente. ( Ivi)
L’attuale esercizio di Rappresentante nobile eletto da Noi non darà divieto a veruna Magistratura, di cui starà sempre in arbitrio del Rappresentante medesimo l’accettazione ; purchè
in ogni caso di pubbliche funzioni come sopra, lasciato per quella volta il luogo del suo Magistrato, vada cogli altri Rappresentanti nobili al suo posto; volendo Noi espressamente che l’attual godimento di nobile Rappresentante, o la capacità di essere eletto per trovarsi descritto nei respettivi Registri, s’intenda da qui in avanti ad ogni effetto ‘il primo e più distint’onore delle Città nobili, e proprio solo delle nobili, famiglie. ( Ivi)
– I Registri di questi Rappresentanti nobili che si eleggeranno di tempo in tempo da Noi e dai nostri successori, si terranno a parte nell’Archivio di Palazzo a perpetua memoria , e di lì parimente ai suoi tempi si spediranno in esecuzione dei nostri ordini le lettere della fatta elezione in ciascuna Città. ( Ivi )

16.Tutti gli altri nostri fedeli sudditi non descritti in questi Registri dichiariamo non essere nè doversi riputar nobili, non ostante qualsivoglia sentenza, privilegio, godimento di onore, o consuetudine, che si pretendesse allegare; alle quali cose tutte di nostra certa scienza e colla pienezza della nostra suprema volontà deroghiamo in quanto faccia di bisogno. (d. Art. 16. ).
17. L’acquisto della nobiltà per tutti i tempi avvenire dipenderà dal nostro supremo volere, e da’ nostri successori Granduchi; e la prova di quella dalla fatta descrizione nell’enunciate classi. Cosicchè, qualunque volta piacerà a noi ed ai nostri successori decorare alcuna persona della nobiltà, dovrà il nostro Segretario di Stato, subito dopo speditone il diploma, farlo registrare nel libro vegliante dei privilegj, e dare gli ordini opportuni, perché sia nello stesso tempo notata nella respettiva classe. (d. Art. 17.)
18. In caso che nell’esecuzione della presente Legge alcune famiglie capaci degli onori stati fino al presente i primi delle Città , mancando degli altri necessarj requisiti , non potessero essere ascritte tra i nobili delle medesime; comandiamo ciò nonostante che tali famiglie e persone così escluse, ed in conseguenza non nobili, seguitino tuttavia ad essere imborsate nelle medesime borse di tutti gli onori della loro patria. (d. Art. 18.)
19. – Rimettiamo peraltro nella libera volontà ed arbitrio de’ Patrizj e nobili medesimi, scritti già o da scriversi in avvenire in detti Registri, se vogliono și o nò seguitare o essere ammessi a godere degli onori ed uffizi della loro patria. Ed in caso che dichiarino di volerlo, ordiniamo in ogni tempo a chi si aspetta , che, sentite le loro domande, e viste le fedi auténtiche del loro rango, imborsino immediatamente le polizze di quelli nelle borse enunciate nelle domande, rimossa ogni e qualunque eccezione, e indipendentemente da qualsivoglia partito o voto de’ Riformatori o altri Uffiziali soliti presedere alli squittinii e riforme delle Città del nostro Gran-Dacato. (d. Art. 19.)

20. Quando in qualsisia delle dette Città antiche verrà il tempo, che alcuna famiglia di mano in mano, compito lo spazio prefisso di anni 200. della sua nobiltà, deva passare dalla classe di nobili a quella de’patrizj, nou si potrà ciò effettuare senza precedente nostro diploma, o de’ nostri successori Gran-Duchi, incaricato sempre della descrizione nel Registro, come sopra, il Segretario di Stato pro tempore. ( d. Art. 20.)
21. – Tutti i nobili di stati alieni, durante la loro permanenza nel nostro Gran-Ducato, debbono
godervi di tutti i privilegj, onorificenze, e distinzioni proprie del loro rango, e a qualanque di essi,
che vi avesse o volesse acquistarvi il domicilia, se ce ne supplicherà, accorderemo ben volentieri la permissione di essere ascritto al patriziato o nobiltà del medesimo. (d. Art. 21)
22. – I nostri sudditi fatti nobili per concessione di feudi, titolo, o diplomi di altri Sovrani, fuori che
de’ nostri antecessori, e di Noi medesimi, non potranno essere riconosciuti o trattati per tali nel
Gran-Ducato, ed in conseguenza non potranno essere descritti nella classe de’nobili senza nostro espresso ordine, e nuovo diploma di conferma. (d. Art. 22.)
23. Vogliamo che le attestazioni di nobiltà, e sue provanze per qualunque effetto si spediscano solamente nell’Archivio di Palazzo, firmate dal nostro Segretario di Stato, e munite del nostro sigillo imperiale: proibendo sotto la pena della perdita della carica a tutti i Giusdicenti, Cancellieri, o altri Ministri che. hanno in custodia gli Archivii delle Città, di dar fuori simili fedi, e provanze estratte dalle suddette copie, quali in ogni caso ordiniamo che non sieno attese, come nulle e di niun valore. ( d. Art. 23.)
24. Similmente da qui avanti proibiamo a qualunque nostro Tribunale o Magistrato d’ingerirsi
sotto qualsivoglia pretesto o colore in alcuna causa mossa da cbicchesia per provare la sua discendenza da famiglia nobile, o in verun altra causa riguardante in qualsivoglia modo la nobiltà delle famiglie; ma tutti gl’instrumenti ed altri recapiti, atti, e scritture ad essa per qualunque titolo appartenenti, si esibiscano e presentino senza strepito o figura di giustizia nel detto Archivio di Palazzo avanti al Segretario di Stato. Egli solo, esaminato pienamente l’affare, ed avutone il parere o l’informazione dai Rappresentanti nobili, dovrà di tutto fare a Noi la relazione per mezzo del nostro Consiglio di Reggenza , al quale sul conto che ce ne sarà reso notificheremo la nostra resoluzione e su prema volontà. ( d. Art. 24. )
25. Perchè non merita di stare tra i nobili chiunque fa azioni o tiene maniere di vivere mal convenienti al proprio decoro; perciò vogliamo che il Patriziato o nobiltà si perda e per delitto, e per l’esercizio di arti vili e meccaniche; dimanierachè, se alcuno si trova presentemente in simili pregiudizj o ‘esercizj, non può essere scritto nè egli ne i suoi figliuoli nei nuovi registri. Ed in avvenire parimente qualunque già vi si trovasse descritto, s’intenda decaduto dalla prerogativa del proprio rango, secondo le seguenti nostre dichiarazioni. (d. Art. 25)

26. Quanto al delitto, per quello solo di lesa maestà dovrà estendersi la pena oltre al delinquente anco sopra ai suoi fiyli o nipoti nati tanto avanti quanto dopo la condanna ; talebè essi tutti, in un istesso tempo col loro padre o avo, devono irremissibilmente esser rași dai pubblici registri della loro classe. (d. Art. 26.)
27. Tolto il caso di lesa maestà, dichiariamo che le sentenze criminali, in tutti gli altri delitti capaci d’irrogare infamia secondo le Leggi e consuetudini del nostro Gran-Ducato, pregiudichino solo al delinquevte, quale subito dopo la sentenza , anco data in contumacia, deve cancellarsi dalla sua classe: ed in con seguenza ai suoi figli e discendenti, che nascessero dopo tale scancellazione, ma non già ai suoi figli pati e descritti a vanti di quella , e molto meno ai suoi fratelli, o altri collaterali innocenti. ( do Art. 27.)
28. Qualunque delinquente otterrà dopo la condanna la grazia e perdono da Noi o da nostri successori, sarà tenuto supplicare dipoi a parte per la riabilitazione sua e de’suoi figli al pristino rango non potendogti giovare in ciò verun indalto o grazia generale, senza una nuova e speciale nostra grazia o rescritto, col solito nuovo diploma da registrarsi come sopra nel nostro Archivio di Palazzo. (d. Art. 28.)
29. Quanto all’esercizio delle arti e professioni, in favore del commercio e delle arti liberali, vogliamo che nè la matricola , nè l’attuale esercizio delle infrascritte, deroghi in aleur modo alla nobiltà, o patriziato, talchè i sott’espressi matricolati in esse devono seguitare a godere di tutti i privilegj, prerogative, e distinzioni del loro respettivo rango. Per tali intendiamo generalmente tutti i patrizj, o nobili, che come mercanti o banchieri tengono case di negozio, o banchi di cambio ec. per una somma riguardevole, sieno essi descritti, o no, alle arti de’ mercanti o del cambio: e particolarmente poi fra i matricolati alle arti della seta o della lana i nobili o patrizj, che col loro devaro e ministri fanno andare in digrosso traffichi di simili manifatture: tra i matricolati alle arti de’ medici e speziali, o a quella de’ giudici e nolaj, i patrizj o nobili che fanno la professione del medico , dell’avvocato, o del giudice, mentre sieno stati addottorati nelle Università del nostro Gran-Ducato. E finalmente tutti i nobili o patrizj che professassero la pittura, la scultura, e l’architettura si civile che militare. ( d. Art. 29)

30. Al contrario, nelle suddette arti della seta e della lana, il tener bottega per vendere a minuto o a taglio; in quella de’ medici ec. il mestiero dello speziale o chirurgo ec.; in quella de’ giudici e notaj l’esercizio del procuratore o del notajo, e l’impiego di attuario o cancelliere (V. S.); e finalmente l’esercizio di qualunque altra arte o professione meccanica intendiamo che deroghi alla nobiltà. Onde, qualunque patrizio o nobile eserciti simili arti o professioni, dee subito, come si è detto, scancellarsi dal registro della sua classe, o non ammettersi nella presente descrizione. Ne potrà egli, o i suoi figli e discendenti nati dopo tale esclusione, esservi restituito, senza precedente diploma di Noi o dei nostri successori Gran-Duchi. ( d. Art. 30.)
31. – Qualunque donna patrizia o nobile si mariterà con uomo ignobile non dee essere scancellata dalla sua classe, benchè, costante il matrimonio, si debba stimare della condizione del marito: E parimente qualunque Patrizio o nobile prenderà per moglie una donna d’inseriore condizione , dee restar nella sua classe, e godere attualmente di tulte le prerogative, distinzjoni, ed onori del suo rango, anco durante il patrimonio, e così i suoi figliuoli e discendenti, volendo Noi che solamente per le suddette cagioni, e non per verun’altra , si perda la nobiltà. (d. Art. 31.)
32. Comandiamo per tanto a tutti i Rettori e Giusdicenti delle sopra espresse Città, e loro successori d’invigilare e fare invigilare per via della loro corte, se alcun Patrizio o nobile facesse alcuna arte o professione di quelle che abbiamo dichiarato derogare alla nobiltà, o fosse altrimenti in pregiudizio di bando o condanna infame, e di tutto darne parte in ogni tempo al Segretario di Stato, perchè possa ordinare la di lui scancellazione dai pubblici registri in esecuzione delle presenti nostre disposizioni. (d. Art. 32.)
33. Primieramente, unito a ciascuna domanda , si esibisca dal capo di casa l’albero della propria famiglia colla discendenza provata chiaramente per via dei libri delle decime, estimi e degli squittinj, delle gabelle de’ contratti, de’registri, de’battesimi, ed altri simili pubblici ed autentici libri: avvertendo per quanto è possibile di notarvi i matrimonj contratti dalle persone in esso descritte. (II. 31. Luglio 1750. Art.33.)
34. – Se mai per prova della discendenza venisse da alcuno esibita qualche sentenza di qualsisia Magistrato, quando con questa pretenda egli di mostrare la sua provenienza da famiglia tutta via in essere, e perciò si vegga la sentenza pronunciata in contradittorio giudizio tra chi l’esibisce, o suoi autori, ed altri della farniglia in questione che se gli fossero opposti: in tal caso ordiniamo che sia ammessa senza alcuna difficoltà per prova legittima. Se poi pretende di provare con essa d’essere la sua casa in qualche ramo di una famiglia nobile di già estinta, non vogliamo che si attenda per niente, salvo che in questi due casi, cioè, o che sia stata parimente proferita in contradittorio giudizio tra lui medesimo o suoi autori, e gli eredi o aventí causa della medesima famiglia di già estinta , nominatamente citati, e comparsi effettivamente in proprio nome, o per via di legittimo Procuratore eletto da loro, e non altrimenti; o che sieno di già passati cento anni dal di della sua pubblicazione, e che il pretendente faccia costare in questo tempo di mezzo d’essersi egli e i suoi autori trattati ed in parentati nobilmente, e di possedere tanto di stato da poter seguitare a vivere con decoro delle proprie entrate. Fuori de’ suddetti casi e termini non ricevano i Deputati simili sentenze, ma restituiscanle subito a chi loro le presentasse, a cui per altro intendiamo che resti tutta la libertà di provare la propria nobile discendenza per mezzo di altri documenti più certi, e di fondamento. (d. Art. 34.)
35. Si esibiscano parimente le Armi di ciascana famiglia dipinte coi loro veri colori, e distinte colle loro proprie insegne. (d. Art. 35. )
36. Similmente i diplomi delle investiture dei feudi , le fedi delle ammissioni agli Ordini nobili, i diplomi di nobiltà, e le copie autentiche de’ rescritti, ed altri ordini con cui si pretendesse provare la nobiltà delle persone enunciate nell’albero della famiglia. (d. art.36)
37. In oltre dalle famiglie nei casi espressi tanto in detta nostra Riforma, quanto nella presente Istruzione obbligate a far la dimostrazione del proprio stato, si dovranno produrre le fedi autentiche delle decime, estimi, e simili ec., o le copie dei testamenti, contratti di compra ec. ed altri istrumenti appartenenti ai propri effetti e beni, in valida forma , e non altrimenti. ( d. Art. 37.) 38. Finalmente le fedi dell’abilità o godimento dell’antico primo onore della Città (che abbiamo nella Riforma voluto riconoscere fra gli altri per uno de’ requisiti concludente pei tempi addietro – solamente la prova della nobiltà ) estratte, quanto alle famiglie Gorentine, nei tempi avanti al Principato o dal libro detto il Priorista’, o dai libri degli squittinii ai tre maggiori Uffizj e loro annessi: Circa al qual documento dichiariamo che debbano essere ammesse senza alcuna difficoltà tutte le famiglie provenienti dagli squiltinati, e vinti per le arti maggiori: ma degli squittinati, e vinti per le minori, solo quelle che mostreranno o di aver fatte le provanze della loro nobiltà agli Ordini nobili, o di essersi sempre trattate ed imparentate nobilinente, e di possedere tuttavia tanti effetti e beni, da potere colle loro rendite continuarsi il solito decoruso trattamento. E sotto al Principato, unicamente dal registro de’ Senatori, che sono i soli capaci di risedere nel Magistrato Supremo, pel passato unico e primo onore della Città, sostituito in luogo dei tre Uffizi maggiori. (d. Art. 38. )
39. Le antiche famiglie poi che non potranno esibire simili fedi di godimento di onore per esserne state come grandi, incapaci, serve che portino in quella vece l’attestazione di trovarsi i loro antenati descritti tra i Grandi ai libri degli Statuti degli ordinamenti di giustizia ec. ed altri libri pubblici esistenti originalmente nell’Archivio di Palazzo: Volendo noi, che in questa materia di prove di nobiltà si seguiti in tutto e per tutto lo stile di quello. (d. Art. 39.)
40. Le famiglie nobili, native ed abitanti delle altre Città nobili del Gran-Ducato, ammesse già alla Cittadinanza fiorentina, oltre all’esser descritte nel respettivo registro della loro patria , si dovranno da’ Deputati notare parimente nella classe de’ nobili fiorentini, o sivvero in quella de’ Patrizj, quando sieno native di alcuna di quelle Città, alle quali abbiamo concesso il rango del Patriziato , e purchè facciano le prove a tal effetto richieste. (d. Art. 40.)

41. Tanto circa alla prova dell’ abilità o godimento del passato primo onore nella Città di Firenze: Nelle altre Città poi meno antiche nel nostro Gran-Ducato, ove non è che la sola classe della nobiltà, oltre a questo recapito del primo onore, abbiano sempre i Deputati special riguardo all’attual domicilio, nobili parentele, e sufficiente stato di ciascuna famiglia da ammettersi presentemente nell’enunciata classe delle medesime. (d. Art. 41.)
42. I Deputati inviino parimente gli ordini opportuni ai Giusdicenti delle altre città, perchè facciano prontamente i doyati riscontri dei documenti annessi alle domande che saranno esibite avanti di loro, e perchè le rimettano insieme colle fedi e relazioni dei fatti riscontri a Firenze all’Archivio di Palazzo, a fine di poter procedere sicuramente alla descrizione delle classi de’ Patrizj e de’ nobili del nostro Gran-Ducato. (d. Art. 42. )
43. Ordiniamo pertanto a tutti i Giusdicenti, ai quali dai Deputati saranno trasmessi simili ordini, di eseguirli immediatamente, sotto pena della perdita della carica , e della nostra indignazione: E vogliamo a tale effetto che sia portato avanti di loro qualunque libro pubblico necessario per questi riscontri , non ostante qualsivoglia consuetudine, leggi, o ordini in contrario, per cui si pretendesse tener alcun simile libro segreto e custodito negli Archivi o altri luoghi delle Comunità; i riscontri poi, che non si potranno fare sul luogo dai Giusdicenti, si suppliranno in Firenze dai Deputati per via dei libri degli squittinii e riforme, ed altri originalmente esistenti nell’Archivio di Palazzo, e altrove. (d. Art. 43. )
44. Avutesi dai Deputati tutte le domande coi narrati o simili documenti e relazioni, dovranno esaminarle attentamente ad una ad una; e quelle nelle quali riscontreranno il tutto stare a dovere, e conforme alle nostre disposizioni contenute nella riforma generale ed in questa nostra istruzione, formarle col fare in piè di esse l’ ordine ai ministri dell’Archivio di Palazzo per l’opportuno loro registro. Quelle domande poi, nei documenti delle quali si incontrerà qualche difficoltà per la loro ammissione, vogliamo che si risolvano alla pluralità dei pareri; sicchè se la maggior parte dei Deputati sarà di sentimento che sieno ammesse , dovranno restare ammesse, e se ne dovrà da loro ordinare il registro, come delle altre suddette. Ma se tutti o la maggior parte dei Deputati le giudicheranno non ammissibili, essi ne notino i motivi in piè delle medesime, e le domande s’intendano restar escluse; ben inteso però, che chi si troverà cosi escluso , potrà ricorrere alla nostra grazia col presentare una supplica al nostro Consiglio di Reggenza, il quale, informato che sarà dai Deputati, la rimetterà a noi, affinchè possiamo averci quel riguardo equitativo che sembrerà più conveniente. (d. Art. 44. )
45. Secondo l’ordine avuto i suddetti ministri dell’Archivio di Palazzo copino nei registri delle respettive classi gli alberi delle famiglie verificati, inserendovi avanti le armi originali di quelle, e pongano nell’istesso tempo in filze a parte le domande approvate, ed inoltre quelle non approvate, ciascheduna coi suoi annessi documenti. (d. Art. 45.)
46. Terminati questi registri originali del patriziato e della nobiltà, e sottoscritti da tutti i Deputati, dovrà il nostro Segretario di Stato farne fare le copie autentiche, e’mandarle respettivamente in ciascheduna città, per ivi conservarsi e farsene quell’uso che nella riforma abbiamo ordinato. ( d. Art. 46. )
47. S. M. I. e R. A postolica, avendo considerato che per il lodevole esercizio delle professioni di Cancelliere e Notaro civile si richiedono, egualmente che per ogni altra delle più importanti, onestà, cognizioni, e zelo per il pubblico servizio; e che i requisiti della nobiltà e di una più squisita educazione possono molto contribuire all’acquisto di tali doti: è venuta nella determinazione di ordinare con suo Dispaccio del 15. Ottobre prossimo passato che le persone insignite di nobiltà di qualunque Città della Toscana possano esercitare le suddette professioni di Cancelliere e di Notaro civile, senza pregiudizio dei privilegj e distinzioni competenti a forma delle leggi dello Stato ai veri nobili; derogando in questa parte all’ Art. 30. della Legge sopra la nobiltà del dì 31. Luglio 1750. ( 36. ) ed a qualunque altro Ordine e consuetudine in contrario. ( Not. 9. Novembre 1790. )
48. S. A. R. informato che in esecuzione della Legge del di 1. Ottobre 1750. e del Motu proprio del 29. Ottobre 1792. sono stati condotti al suo termine i Registri di nobiltà e cittadinanza, vuole che ne siano fatte le copie per ciascuna Città nobile del Gran-Ducato, e queste, firmate dal primo Direttore delle Segreterie riunite di Stato e di Finanze, siano a spese dell’Archivio delle Riformagioni riposte in cassette , e trasmesse alle respettive Cancellerie comunitative in cui dovranno conservarsi. L. 14. Giugno 1793. )
49. Resta vietato perciò tanto ai Giusdicenti, quanto ai Cancellieri comunitativi, di fare attestati di nobiltà e cittadinanza , venendo riservata una tal facoltà al Presidente della Deputazione, cui S. A. R. vuole che sia addossa ta ana tale incombenza in luogo del Segretario di Stato, che più non esiste, ed a cui è attribuita dalla Legge del 1. Ottobre 1750. ( Ivi )
50. Molto meno sarà lecito ai Giusdicenti ed ai Cancellieri comunitativi di aggiunger titoli o altre distinzioni alle famiglie descritte in dette copie , e ornati ai loro stemmi; dovendo prima tali aggiunte, previa la sovrana concessione, registrarsi nei libri originali, che si conservano nell’Archivio di Palazzo, e dipoi, per ordine della Deputazione, diretto ai predetti Cancellieri, alle copie. Lo stesso dovrà osservarsi allorchè piaccia a S. A. R. di accordare per grazia la nobiltà di alcuna delle Città nobili del Gran-Ducato. (Ivi ) 

51. Dovranno i capi delle famiglie nobili, in occasione di matrimonj, o di nascita di figli in seno di dette famiglie, presentare in Firenze all’ Archivio di Palazzo, e nelle altre Città nobili ai Cancellieri comunitativi le fedi di matrimonio, e respettivamente di nascita della nuova prole: i detti Cancellieri dovranno trasmetterle alla Deputazione, che per mezzo del Segretario ne farà eseguire il registro ai libri originali, e dipoi alle copie nelle respettive Cancellerie, con ordine diretto ai detti Cancellieri. ( Ivi )
58. – Volendo poi la R. A. S. provvedere la Deputazione di un soggetto legale, come ne era fornita in passato, nomina l’attuale Avvocato regio, e Direttore delle Riformagioni in assessore di detta Deputazione, che dovrà intervenire alle adunanze della medesima, e dare il suo voto nelle deliberazioni. ( Ivi )
59. Ed informata S. A. R. che non ostante che sia stato dato luogo per un lungo corso di tempo a chiunque fosse fornito di giusti titoli, di farsi descrivere nei registri di nobiltà, si moltiplicano ogni giorno le petizioni, per lo più insussistenti, per essere riconosciuti nobili per giustizia , e che l’esame di tali istanze reca perdimento di tempo e fastidio ai Deputati, vuole che di tali petizioni, allorchè siano corredate di giustificazioni, l’assessore della Deputazione ne renda conto volta per volta alla R. A. S. per il canale della Segreteria di Stato, ed attenda le sue sovrane risoluzioni. (Ivi)
60. I Deputati sopra il regolamento della nobiltà del GranDucato fanno noto al pubblico come per il più regolare sistema interessante le tasse da pagarsi a favore delle Comunità, nel caso di nuove ascrizioni ai pubblici Registri delle Città nobili dello Stato, saranno da ora in poi tenute al pagamento delle medesime tutte le famiglie che verranno in appresso descritte, a riserva di quelle alle quali per concorso dei requisiti voluti dalla Legge del di i. Ottobre 1750. fosse dovuta la descrizione al Patriziato o nobiltà ai termini di giustizia. ( Not. 28. Luglio 1994. in prin. )
61. In conseguenza tutti i sudditi del Gran-Ducato, che saranno per riconoscere il grado nobile, tanto dalla grazia di S. A. R., che da nuovo Diploma di conferma di nobiltà concessa loro dai Sovrani esteri, dovranno pagare alla Comunità di quella Città, al di cui primo rango saranno ascritti, la tassa determinata e stabilita ne’ respettivi Regolamenti comunitativi. (d. Art. 1. )
62. Tutte le famiglie, o loro individui, che godendo della nobiltà di una città di Toscana domandassero ed ottenessero in altra Città del Gran-Ducato l’ascrizione al Patriziato o nobiltà loro non dovuta per giustizia, avranno l’istesso obbligo del pagamento della tassa; ben’inteso che questo debba farsi in quella somma e quantità determinata per la Città in cui saranno nuovamente ammessi. (d. Art. 2.)
63. E finalmente in rapporto ai nobili forestieri, tenuta ferma la distinzione tra l’essere trattati e riconosciuti come nobili e l’esser descritti alla nobiltà di una determinata Città in sequela del domicilio a forma dell’Art. 21. della sopraddetta Legge del 1750., dovranno in questo secondo caso essere come gli altri sudditi sottoposti al medesimo onere del pagamento della tassa propria di quella Città ai di cui Registri di nobiltà otterranno di essere descritti; riservata ne però la condonazione alla grazia sovrana, da impetrarsi quando concorra o l’opulenza del patrimonio del nuovo ammesso, o altri speciali riflessi , che interessar possono il pubblico vantaggio di quella Città alla quale il medesimo sia stato aggregato. (d. Art. 3.)
64Dovranno pertanto i Magistrati comunitativi nelle loro informative da farsi nei casi avvenire di commissione della Deputazione, uniformarsi intieramente alle soprascritte sovrane determinazioni, le quali saranno inviolabilmente portate alla loro esecuzione dalla Deputazione istessa nel rendere conto a S. A. R. delle domande che saranno presentate in conformità del Motuprorio del di 12. Giugno 1793. pubblicato con Notificazione del Magistrato Supremo del dì 14. detto. (d. Art. 4. ).
65. Non dovranno essere ricevuti nel Ceto nobile i sudditi Toscani , che avessero ottenuto da Potenza estera il distintivo di Uffiziale di Brevetto. È a chiunque proibito d’impetrare tali distintivi di grado militare senza il concorso della sovrana permissione, senza della quale niuno potrà per detto titolo godere nel Gran-Ducato del minimo privilegio, nè fare uso dell’Uniforme dipendente dall’impetrata decorazione. (Not. 22. Febb. 1796. ).